2006-08-16

Falso

fake wall  -  China

Una delle impressioni che ha la persona che fa shopping in Cina è che esista una quantità di merce falsa da far paura, e i cinesi siano disonesti da copiare ogni cosa che credono possa avere successo. Ci sono i prodotti di Prada, Armani, Louis Vuitton, Tommy Hilfiger and Calvin Klein falsi. Ci sono i CD e i DVD falsi, piratati. Ci sono i prodotti d’elettronica falsi, spacciati per Sony o Hitachi ma cinesissimi. Ci sono i mobili IKEA falsi. I gadget con i personaggi della Disney, dei Looney Tunes, dei Pokemon e di Hello Kitty falsi. E questi non stupiscono. Stupiscono di più le sigarette false; i prodotti alimentari falsi, o semplicemente copiati – vedi venti marche di miele con packaging identico; gli alcolici e i superalcolici falsi, come la Sol che produce una birra uguale alla Corona ma col nome Sol. Le automobili false, come quella fabbrica cinese che aveva comprato le macchine nel fallimento dall’impianto messicano della Wolkswagen, e li usava per produrre le loro auto in Cina – auto uguali, nome diverso, eppure sulle parti interne c’era ancora il marchio Wolkswagen lasciato dalla macchina originale. Ci sono i cantanti falsi, con abbigliamento e mossette da divi americani e nome che ricalca l'originale (vedi J.Lo e la sua controparte cinese Jo Lin). Ci sono i fiori e gli alberi falsi, di plastica, per abbellire certe aree della città dove una pianta normale non sopravviverebbe per mancanza d'aria respirabile o luce. Ogni tanto si vede anche l'erba falsa, di gomma. E poi i poliziotti del traffico falsi: anche quelli di plastica, tipo spaventapasseri, con il braccio che si muove meccanicamente indicando di fare la curva larga.

Spiegarlo non è così semplice: in Cina non esistono i concetti di “originale” e “falso” come da noi, né esiste quello di “copyright”. Un’invenzione, un’idea è di tutti, mica di una persona sola, e se è una buona cosa va imitata. Da noi imparare significa elaborare. In Oriente, fin dall’asilo, i bambini vengono educati a individuare modelli – il maestro, gli allievi migliori, gli esempi pubblicizzati – e replicarlo uguale. Anche la struttura stessa della lingua cinese promuove questo atteggiamento: non si possono creare neologismi in cinese, e i caratteri sono gli stessi da sempre, vanno imparati a memoria scrivendoli mille volte in successione.


Quando si fa notare a un cinese che qualcosa è copiato spesso non capisce. Ride imbarazzato, guarda originale e copia e si chiede quale sia il problema. Se è quasi uguale che problema c’è? Se la gente è disposta a pagare tre volte tanto per avere una scritta Calvin Klein sulla sua mutanda, significa che piace, e allora il produttore cinese la scritta ce la mette. Che diritto ha poi il signor Calvin Klein di vietare agli altri di fare mutande belle come lui? Non solo sarebbe illogico, ma anche immorale per un cinese non imitare chi fa meglio. Seguendo questa logica, come dargli torto?

 
Ciò non significa che siano tutti i buona fede. Tanti ci marciano sopra: producono a qualità infima e vendono come brand famosi con il chiaro scopo di fregare. Ma sono una minoranza.

Che fare? Ce ne vorrà di tempo prima che inizino a sospettare che le leggi internazionali sulla tutela dei marchi abbiano un senso logico. Fino ad allora, tanto vale aspettare. Metto su un CD dei Doors, con in copertina il famoso primo piano di Jim Morrison, e la prima canzone comincia a suonare un arpeggio di chitarra. No, non può essere. Purtroppo sì.
“Welcome to the Hotel California… “
Va detto. Non è che a copiare siano sempre bravi, ogni tanto si distraggono anche loro.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

La Cina è tra le prime potenze economiche mondiali, e sa bene come si fa a fare business, anche sfruttando al massimo e senza scrupoli il mercato dei "falsi". La legge non ammette ignoranza, questo vale per tutti, io non me la sento di giustificare nessuno. Lo scorso inverno sono stata una settimana a Shanghai, ho passeggiato spesso in nanjing road e svariate persone si avvicinavano per proporre il ben di dio dei falsi, tutti mi dicevano: gucci, gucci, prada, vuitton ecc... ben consapevoli che stavano puntando sul brand per invogliarmi all'acquisto, i cinesi sono perfettamente consapevoli che è il brand l'elemento significativo per fare del business, non credo proprio che ammirino a tal punto l'opera dell'ingenio altrui da volerla imitare senza trovarci nulla di male, se così fosse perchè non si limitano a produrre bauletti neri o con ideogrammi cinesi, anzichè con il monogramma della LV?

Wild Child ha detto...

Ciao Anonimo,

parlare di "Cina" senza distinguere chi tra il miliardo e mezzo di persone che ci abitano mi sembra già una semplificazione estrema. Quelli che producono e vendono prodotti falsi in Cina sono per lo più piccoli e piccolissimi imprenditori, e non credo si pongano problemi come la disciplina internazionale della proprietà intellettuale. Se il loro vicino vende, loro copiano i vicino. Se LV vende, loro copiano LV. Lineare. Se i bauletti neri vendessero, copierebbero anche quelli (e lo fanno, perché sono tra gli articoli preferiti dai turisti, sembrano fatti a mano e invece sono produzione industriale pura). Ai piccoli imprenditori cinesi interessa far soldi, punto. Non illudiamoci che ci sia un piano nazionale dietro, che siano consapevoli di strategie di marketing a competizione avanzate, spesso queste persone hanno a malapena finito la scuola superiore.

Nella maggior parte dei casi, si tratta di gente che ha la sottigliezza intellettuale di chiedersi come mai in Europa siamo pieni di casacce vecchie di secoli invece che di nuovissimi grattacieli a 20 piani, e considerano la cosa prova della superiorità cinese...

Quanto ai venditori da strada che ti proponevano "watchabegsaspecialpricefoyou", è gente che campa con pochi euro al giorno, e cerca solo di campare un po' meglio... non andrei a cercare strabilianti conspevolezze nella mente di questi poverini.