2006-08-10

Colleghi

Lo staff alla camera, al trentaseiesimo piano del Jingguang, è costituito da dieci persone. Oltre a me, Massimiliano e Vaira, di italiano c’è il mio capo, Gladis. Friulana, Gladis ha 28 anni ed è Segretario Generale. Il suo posto se lo merita e la sua pagnotta se la guadagna lavorando dalle 11 alle 16 ore al giorno, a volte anche di più. Ha talento e volontà, anche se lo stress la distrugge e certi giorni parlarle è pericoloso. Marco l’ha imparato a sue spese. Ma è buona Gladis, e mi insegna tanto al punto che le invierò una copia della mia tesi, inserendola tra i ringraziamenti speciali. Sta con Rajiv, un nepalese che sempra il contrario di lei: dove Gladis è seria e disciplinata, Rajiv scherza sempre e si rompe una gamba andando in skateboard. Studia medicina a Tianjin. Il sogno di Gladis è andarsene da Pechino, avere una vita tranquilla e dedicarsi alla famiglia. Ce la farà, ma non anticipo dettagli.

Poi ci sono i colleghi cinesi. Di Linda ho già parlato: lei è di Xi’an, ed è l’ultima arrivata. Parla italiano in modo semplice ma cerca di imparare con tutta la sua forza di volontà e quando può passa tempo insieme a noi per migliorare. Mai visto nessuno impegnarsi così in qualcosa, ed è una grande lezione. Vive insieme ai genitori del marito, pechinese, che però ha uno show-room di mobili a Tianjin. E’ Linda che comanda in casa: Massimiliano, che incontra il marito qualche settimana dopo, me lo descrive come una persona buona, gentile, totalmente sottomessa alla moglie.


La segretaria e centralinista è Sofia. E’ una bella ragazza, il suo italiano è semplice, ancora più di quello di Linda, ma non si sforza più di tanto a migliorarlo. Una volta, si dice, aveva un fidanzato italiano, ma ora è finita, e lei ormai ha passato i trent'anni. Sofia non ama il suo lavoro, troppo noioso, ed abita a due ore di metropolitana, ad Haidian; ogni giorno è un viaggio all’alba e dopo il tramonto. Ma guadagna abbastanza bene, e si adatta. Anche se scherza tutto il giorno con le colleghe cinesi, non parla molto con noi italiani: il suo rapporto è esclusivamente di lavoro. Anche in ufficio, esiste una sorta di muro invisibile che divide cinesi e laowai, e anche se ci si comporta con gentilezza e generosità, i locali non amano ammettere stranieri nella loro sfera personale. In pausa pranzo e a fine giornata i cinesi semplicemente spariscono, senza nemmeno salutare.


La contabile è Claire, anche detta Xiannina da Gladis, che la predilige. Claire è una bella donna, ma non si cura per nulla: vestiti comodi per lavorare il più possibile, non parla mai con le colleghe, al massimo sorride a qualche battuta, poi sguardo fisso sullo schermo del computer 8 ore al giorno. Il suo wallpaper ha la figura di una bambina disegnata a cartone animato, e Claire le assomiglia tanto quando il cervello le si fonde a macinare dati, e allora si prende la testa tra le mani, una testa tonda con i capelli tirati indietro che la fanno sembrare ancora più grossa e tonda, ed esclama “Oyooo… ”.


Yao è la mia preferita: il suo italiano è quasi perfetto. Sta da anni insieme a un napoletano che gestisce un’agenzia di viaggi e spedisce gruppi di cinesi in Italia. E’ sveglia e simpatica, ed esce spessissimo con me e Massimiliano. A furia di star con gli italiani ragiona da italiana anche lei, e ci si discute bene; ha anche il gusto di un'italiana, e ad oggi rimane la cinese più elegante che conosca. Per un mese condividiamo una stanza dell'ufficio e si diventa grandi amici. Yao sogna un bambino, e sul suo schermo si alternano wallpaper di spiagge tropicali e infanti dagli occhi azzurri.


Poi c’è Xiao Ma’r, la piccola Ma, un metro e mezzo per quaranta chili di timidezza: non ci rivolge mai la parola, anche lei 8 ore al giorno incollata al computer. Gladis la definisce una scheggia: tu dici cosa, lei te lo trova su internet. Sorride sempre con la faccia furbetta; chissà cosa pensa. Sa parlare italiano, ma usa sempre e solo il pechinese per comunicare con qualcuno.


E poi c’è Wudi, il modello di vita di me e Massimiliano. Unico uomo in un ufficio di sole donne, trent’anni passati e ancora single (cosa stranissima in Cina), ufficio privato, impiegato dall’ENIT e non dalla Camera, quindi relativa indipendenza, libertà d’azione e lavoro parastatale. Viene in ufficio in pochi minuti di metrò o, quando fa caldo, in bicicletta elettrica. La sua scrivania è ingombra di riviste di turismo, il suo wallpaper è una foto di fiori colorati rilassanti. Di fianco al monitor una tazza in stile ming e tre diversi tipi di tè. Lo schermo del computer è posizionato in maniera tattica rispetto alla porta in modo da coprirlo completamente: non si sa cosa faccia Wudi tutto il giorno, solo si sa che riceve tre o quattro telefonate di media. Dopo pranzo, si mormora, si stende sulla sua poltrona in pelle nera, reclina il morbidissimo schienale, leva le scarpe, poggia i piedi su un boccione vuoto della macchina dell’acqua nascosto sotto la scrivania, e si addormenta placidamente. Quando si sveglia legge per un po’ il giornale. Alle 5.30 in punto è fuori dall’ufficio. Sorride sempre, Wudi. Che mito.
Un giorno, vorrei davvero essere come lui!

Nessun commento: