2006-08-06

Acqua Bollente


Un oggetto peculiare della Cina è la macchina dell’acqua. Si tratta di un cubo o una colonna di plastica, cui si attacca un boccione pieno d’acqua, la quale fuoriesce da due rubinetti. Da quello azzurro acqua fredda direttamente dal boccione. Da quello rosso acqua calda che passa attraverso una serpentina rovente, e riempie la tazza al limite dei 100° C.

La macchina dell’acqua (饮水机) si trova ovunque: negli uffici, negli appartamenti, nei chioschetti dei guardiani, ovunque una persona possa trascorrere del tempo in un luogo chiuso. I cinesi bevono da mattina a sera, principalmente acqua calda. In un Paese sovrappopolato dagli albori del tempo, con un clima a dir poco ostile, le fonti d’acqua pura sono sempre state poche, e l’acqua è sempre stata tradizionalmente bollita e bevuta rovente. Ancora oggi si usa, nel dare il benvenuto a una persona, offrire una tazza di kaishui (开水), acqua bollente, ed è buona regola accettarla anche se non si è obbligati a berla. L’acqua bollente è una cosa a cui gli italiani difficilmente si abituano. Per darle gusto, i cinesi spesso ci buttano dentro foglie di tè.


La tradizione del tè in Cina è la più antica del mondo, e ve ne sono centinaia di tipi diversi, più o meno popolari a seconda delle aree. Il tè verde è il più comune. Nel sud qualcuno usa il tè scuro, le foglie della pianta del tè tostate, ai giorni nostri spesso nella forma di una bustina gialla con scritto sopra “Lipton”. Nel nord, e specialmente a Pechino, il tè non cresce bene, e si usa altro, quello che viene chiamato huacha (花茶), il tè di fiori. Invece di usare foglie di tè, si usano fiori. Il principio è lo stesso della camomilla, solo che le varietà qui sono infinite, e includono anche varie spezie e miscugli sapientemente dosati di ingredienti diversi. I tè più popolari a Pechino sono, tuttavia, due: il tè al gelsomino e quello al crisantemo.
Quello al crisantemo, juhuacha (菊花茶), lo si trova spessissimo nei ristoranti come tè da pasto. Ha un colore verdognolo e a differenza di quasi tutti gli altri tè cinesi, è concesso addolcirlo con un cristallo di zucchero servito su un piattino. Prendere il cristallo di zucchero, grosso meno di un quarto di una zolletta delle nostre e di forma irregolare, con le bacchette è un ottimo esercizio di manipolazione.
Quello al gelsomino, molihuacha (茉莉花茶), è il tè che si beve più frequentemente da solo: ha un odore intenso e inebriante, ma se infuso a lungo diventa amaro. Per questa bevanda, complice il freddo inverno, sviluppo una passione insana che mi porta a berne continuamente. Comincio verso le dieci del mattino, davanti al computer, con un bicchiere di carta pieno di acqua bollente e alcune foglie di tè comprato in un negozietto di strada. Fino a quando esco da lavoro, non smetto di sorseggiare, aggiungendo acqua bollente quando scarseggia. I colleghi lo apprezzano quale segno della mia accettazione delle loro tradizioni, il che mi fa guadagnare punti stima. Loro lo devono al massimo della temperatura; e pare che l’abitudine cinese di bere acqua e tè rovente sia alla base di diffusissime patologie gastriche. Io la mia tazza la faccio raffreddare, e l’odore dei petali di gelsomino profuma la mia giornata. Mi sento adattato alle condizioni locali, come se imparando gli usi avessi risolto gran parte dei problemi che porta il vivere in Cina. Sono molto orgoglioso di bere il mio tè al gelsomino. Me ne pentirò quando, alcune settimane dopo, i denti cominceranno a macchiarmisi. Perché il tè, questo me lo dirà il mio dentista mesi dopo, è una delle sostanze che in assoluto macchia più i denti. Le usanze locali, penso, non sempre sono le più convenienti.

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