2006-08-13

Pubblicità


La prima volta che sono stato a Pechino ho fatto un sacco di foto, ma una di quelle che più colpisce le persone che le guardano è uno scorcio di Chaoyangmen, non lontano dai magazzini Landao. Si vede una strada ampia, piena di macchine, biciclette e bus, fiancheggiata da grattacieli ipermoderni, e grandi manifesti.
"Cosa pubblicizzano?" chiede la gente.
"Il regime" è la risposta "sono slogan di propaganda politica a favore del Paese e del Partito Comunista Cinese"
 
La gente si indigna che nel XXI secolo esistano ancora cose del genere, e anch'io rimasi scosso la prima volta che le vidi. Però, pensiamoci bene: che differenza c'è con la pubblicità che noi conosciamo?
Ora, lasciamo da parte il discorso sulla verità e sull'indipendenza degli organi d'informazione: è superfluo, siamo tutti d'accordo sul fatto che dovrebbero essere indipendenti e non controllati politicamente. Ma veniamo alla pura parte promozionale. E' un caso che tutti quelli che vedono la foto credano che si tratti di manifesti pubblicitari?
La propaganda di questo tipo, le scritte "Il Partito è la Voce del Popolo", o "Il lavoro del suo popolo renderà la Cina grande", o ancora "La modernizzazione è un cammino luminoso" sono pubblicità. E la pubblicità è propaganda di un prodotto.
 
I Paesi democratici hanno una sorta di tabù nei confronti della propaganda politica in regimi non democratici. Ossia, se il Partito loda la sicurezza ottenuta nella Repubblica Popolare, compie un orribile peccato contro l'umanità. Ma a ben pensare, la democrazia capitalistica non fa lo stesso?
Il bombardamento pubblicitario cui siamo sottoposti in ogni momento - radio, TV, internet, manifesti per la strada, volantini - non è in realtà espressione di un sistema fondato sul consumo di beni, e che si regge e si perpetua grazie alla pubblicità (senza, a chi verrebbe in mente di andare a comprare tutta quella roba inutile?). E' propaganda consumistica, capitalistica, propaganda né più né meno di quella che si vede ai lati di Chaoyangmen.
Se non possiedi, non conti. Se non compri, sei un emarginato. Se critichi sei malvagio, anzi comunista invidioso perché tu, inetto disoccupato, vorresti in realtà avere le cose che possiedono gli altri. Quando di parla di democrazia…
 
Sì, la mia è una provocazione - in Italia non verrà a trovarmi la polizia a casa con i bastoni elettrici, se tiro un pomodoro sulla gigantografia di Megan Gale con il suo nuovo cellulare. Però, in piccolo, il principio è simile. Il bombardamento di informazione per inculcare nei soggetti-obiettivo l'attaccamento al sistema, per adattarli, uniformarli, favorire l'accettazione, e ricordare in ogni momento che il sistema economico-politico è uno, uno soltanto, giusto, perfetto, e immutabile.
 
Vale davvero la pena di stupirsi davanti ai manifesti politici in Cina? E merita più rispetto un sistema che spinge le persone a consumare ciò di cui non hanno bisogno, o un sistema che inculca nei cittadini il senso civico – lavorare sodo, difendere la sicurezza, essere ospitali con gli stranieri o promuovere il senso di appartenenza al quartiere?
 
La risposta la lascio a voi, io qui a Pechino mi guardo attorno, e ho una prospettiva diversa sui vantaggi del “mondo libero”.

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