2006-10-19

Laurea

L’autunno che segue è segnato da nuove compagnie. Abbandono tutte le vecchie abitudini e le vecchie amicizie, conosco tanta gente quanta non ne ho mai conosciuta nel resto della mia vita a Milano. Sono sempre in giro, la sera. Cambio, sperimento, cresco; è come una febbre che mi spinge lontano da ogni staticità. La mia vecchia vita mi va stretta. Quella nuova pure, ma un po’ meno. Continuo a sognare la Cina, in fondo.

E poi, finalmente, poco più di un anno dopo la mia partenza per Pechino, sono all’università davanti a una schiera di professori, a presentare la mia tesi di laurea. E’ una bella tesi. La mia relatrice chiederà 7 punti, me ne daranno 5 perché è palese che sui numeri ho un po’ bluffato. D’altra parte, chiunque abbia consultato l’annuario statistico cinese si rende conto che nulla torna, le cifre che contiene sono bluff completi e nemmeno coerenti con sé stessi. Pazienza. 101 su 110 è più di quanto chiedessi. E ora sono laureato.

Pronto a entrare nel mondo del lavoro, mi manca solo un’azienda che mi rispedisca in Oriente. Elena è presente alla mia discussione. Ora lavora a Milano: ha lasciato la sua azienda, stufa della Cina, per lavorare ad Agrate Brianza. Poi non ha retto nemmeno lei all’Italia, e ha accettato una proposta per tornare in Cina, a Shanghai. In quei giorni è ancora a Milano per un periodo di training. Ci siamo visti, di tanto in tanto, a commemorare i bei vecchi tempi di Pechino. Questa volta mi porta un regalo, da parte sua e del capo alla Camera di Commercio. Un libro fotografico di Yann Layma, un fotografo che ha girato tutta la Cina e ne ha fotografato ogni angolo. Un regalo significativo, perché è un augurio.

Purtroppo il neolaureato, anche se con una buona laurea, un buono stage e una conoscenza discreta del cinese, si trova davanti un mondo del lavoro che non lo capisce. Mi offrono posizioni nel settore delle assicurazioni, della finanza, delle risorse umane, tutti basati a Milano.
“Veramente vorrei andare in Cina”
“Ah, bene, complimenti per il coraggio. Ce ne vorrebbe di più di gente come lei. Purtroppo per la Cina non abbiamo nulla da offrirle. Buona fortuna”.

Quattro mesi di attesa, colloquio dopo colloquio, ciascuno più fuori luogo dell’altro. Poi, finalmente, a giugno qualcosa si muove.

Nessun commento: