Nelle mattine di sole, nelle strade laterali tra Sanlitun e l’ufficio, ascolto a palla i Red Hot Chili Peppers con By the Way. “Tear” è il mio saluto al sole, e “Venice Queen” è la sinfonia ipnotica che la sera mi culla, dopo ogni giornata più sorprendente e incomprensibile della precedente.
I Blue Öyster Cult cantano Curse of the Hidden Mirror, e il verso “you elevate me” di “Dance on Stilts” è l’esultanza dei weekend passati con Jingyi. “I left my soul there, down by the sea”, dei Morcheeba, parla del primo bacio davanti alle acque del pigro Liangma, e “Part of the Process” della vita squattrinata da stagista che nulla sa del suo futuro.
E’ poi la scoperta dei Coldplay, con Parachutes e a Rush of Blood to the Head: mi tengono compagnia la mattina e la sera, nelle giornate grigie, o da solo nella sala fumatori del Jingguang, quando penso a Jingyi e al fatto che tutte le difficoltà della vita non sono altro che una cornice ai momenti belli e dolci. “God put a smile upon your face” è un inno al sorriso, e “Yellow” è il costante pensiero alla mia ragazza gialla.
Massimiliano cita spesso il “Per le strade di Pechino erano giorni di maggio / tra noi si scherzava a raccogliere ortiche” di Battiato. E’ la nostra amicizia e il costante scherzare sul nonsense di essere qui. Su suo impulso compro il mio primo CD dei Led Zeppelin: “Stairway to Heaven” è la scoperta di un mondo incantato che non si conosceva e comunque sfugge alla comprensione, e “Babe I’m gonna leave you” è il lamento del prossimo distacco da un amore, una donna ma soprattutto, lo capirò dopo, da una vita, da una città. I Verve in Urban Hymns cantano in “Catching the butterfly” dell’inseguimento dei sogni, e in “Lucky Man” della soddisfazione e della completezza della libertà.
I R.E.M. in Out of Time ricordano la leggerezza spirituale di chi vive la primavera di Pechino con “Radio Song”, e la malinconia di qualcosa che finisce in “Endgame”. Chiude il giro una singola canzone immortale, ascoltata al Goose & Duck una delle ultime sere, con davanti un black russian: la band filippina, coverizzando Bob Dylan, canta “How does it feels / to be on your own / like a complete unknown / like a rolling stone”. Aver vissuto tre mesi a Pechino dall’altra parte del mondo, da soli, abbandonati, liberi, cresciuti.
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