2006-10-19

Lakshmi

L’ho amata quando avevo quattordici anni, ma non ho mai avuto il coraggio di dirglielo. Poi si è messa con un mio amico, e ci è rimasta cinque anni. Quando si sono lasciati, mi sono innamorato ancora di lei, ma ancora non ho avuto il coraggio di dirglielo. E lei si è messa assieme a un altro.

Anche io le piacevo, lo so. Ma la verità è che non ho mai avuto le palle per dirle in faccia che l’amavo e invitarla fuori. Non riuscivo a parlarle. Mi tremavano le gambe e il cuore mi batteva se solo la vedevo. Dopo la seconda volta, ho deciso di sparire, tagliare i ponti. Finita la scuola superiore non l’ho più vista, non ho nemmeno più voluto sapere dove fosse finita. Ma la sognavo ancora, la notte, di tanto in tanto, a distanza di mesi una volta dall’altra. Ritornava sempre a tormentarmi con la mia sconfitta morale, il mio fallimento e il mio desiderio. Per lei avevo scritto la mia prima poesia; è anche per causa sua che ho cominciato a interessarmi di India; l’esperienza dell’amore fallito mi ha reso ciò che sono, dannatamente romantico e insicuro.

Ma la Cina è arrivata come uno shock. E’ stato come dimostrare a me stesso che potevo fare qualcosa di molto più significativo delle persone che avevo attorno. Sono cambiato, niente più timidezza, niente più insicurezza. Sognavo Laksmi pochi giorni dopo essere arrivato a Pechino, all’hotel Dabei. La sogno ancora a maggio, un paio di settimane dopo essere tornato in Italia. E’ tempo di affrontare il mio demone, una volta per tutte.

La scusa del mio ritorno è ottima per incontrare vecchie conoscenze comuni. In qualche giorno riesco a scoprire che abita sempre nello stesso posto e che lavora in centro a Milano, vicino a via Torino. E’ il 10 giugno quando – con lei sosterrò sempre che passassi di lì per caso – la incontro, sola, che torna dalla pausa pranzo.

Lingua asciutta. Gambe che tremano. Cuore che batte. Non la vedevo da cinque anni è l’effetto è sempre lo stesso. Qualche parola scambiata così, e un appuntamento per un aperitivo. Molto più di quanto mi aspettassi. All’aperitivo scopro che, come me, non ha programmi per le vacanze.
“Perché non andiamo insieme, io e te, in vacanza?” mi chiede.

Non è possibile. E invece è vero. La vacanza che segue è di gran lunga la più surreale della mia vita. Due settimane, zaino in spalla, nessuna prenotazione; Milano-St-Maries de la Mer-Barcellona-Madrid-Burgos-Santander-Saragozza-Barcellona-Milano. Tutta in pullman o in treno, senza nemmeno una guida Lonely Planet.
E’ la prima volta, mi rendo conto, che spendo tempo con Laksmi. Mi rendo conto solo ora che la ragazza che amavo esisteva solo nella mia mente. Lei è diversa – bellissima, dolce, folle, piena di energia – ma pericolosa. Innocente, ingenua, irresponsabile. Tutti i suoi ex sono ancora innamorati di lei. Quasi tutti sono in analisi dopo che la storia è finita improvvisamente. Lei ne ride: “Me li cerco col lanternino”. Non capisce, non ha mai letto nel cuore di un’altra persona. Afferra la vita e la morde, ma non guarda alle conseguenze. E’ così bella e così pericolosa da far impazzire gli uomini. Si è messa con un tizio un paio di settimane prima, e usa questa scusa per darmi picche. Per due settimane viaggiamo, mangiamo, dormiamo assieme. Nemmeno un bacio. Probabilmente l’idea che potesse piacermi non le è passata per la testa all’inizio. Ora che capisce comunque le interessa poco. La donna con cui ho sempre sognato un futuro non esiste. La donna che ho davanti non promette un futuro a nessuno. Lascerà il suo ragazzo alcuni mesi dopo, per mettersi con un australiano vegetariano conosciuto in India tre settimane prima.

Ho sconfitto il mio demone? Sono cambiato abbastanza?
Non esiste più una battaglia da combattere. La Laksmi che ho tanto amato non è mai esistita nella realtà, e ora nemmeno nei miei sogni. Non c’è nulla che possa fare per cambiare la realtà in ciò che non è mai stata.

Ma ho trovato qualcosa di importante: la pace. Ora siamo amici, e io non la sogno più. Rido, pensando alle mie illusioni di una volta. Non per l’ingenuità di un tempo, ma per la libertà di oggi.

Grazie, Cina.

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