Una delle prime categorie di gente con cui si viene in contatto in Cina sono i tassisti. Li trovi fuori dall’aeroporto che ti aspettano, e da quel giorno li vedrai quasi quotidianamente. I tassisti in Cina sono coloro che scarrozzano gli stranieri che non sono in grado o hanno troppa fretta per prendere l’autobus, e gli sparring partner per la pratica del cinese di tutti coloro che lo studiano.
I tassisti di Pechino sono famosi, tra i loro compatrioti, per esser gentili e chiacchieroni. Onesti no, anzi, se possono fregare un laowai sul tragitto, sulla fattura o sulla mancia lo fanno subito. Se però il laowai parla cinese l’atteggiamento cambia: a quel punto il tassista comincia una serie interminabile di domande, solitamente in quest’ordine: da dove vieni? Dove vivi? Studi o lavori? Che fai? Ma hai fratelli e sorelle? E i tuoi genitori dove sono? Sei sposato? Quando ti sposi? Quanto guadagni al mese? Ti piace bere la baijiu (grappa cinese di riso)? Quanta riesci a berne senza svenire?
A seconda delle risposte al sopraccitato questionario il tassista dispensa commenti e consigli, senza peraltro che nessuno l’abbia mai invitato a farsi i fatti del passeggero. A questo punto, terminate le domande, se siete ancora sul taxi – il che è probabile visto il traffico di Pechino – il tassista sceglie l’argomento che più lo stuzzica dalla precedente conversazione e ne pontifica esponendo tutte le sue opinioni, solitamente prive di cognizione di causa, e sempre accompagnate da richieste di assenso: “对吗?对吧?是不是?(giusto? ho ragione? è così o no?)” al termine di ogni frase.
Uno degli argomenti che i tassisti preferiscono sono le nazionalità. Italiano? Ah, adoro il calcio italiano! Lo guardo sempre, è il migliore! E alzano il pollice incurvando il labbro inferiore: “O-kei!”. Quindi cominciano a recitare le formazioni della nazionale, che vengono intuite solo per assonanza: “Matalaqi, Gulousuo, Pierlo, Bufeng, Madini”. E poi l’idolo, quello che tutti conoscono non perché è pallone d’oro ma perché è buddista. “Baqiao!!! Baqiao zui hao de, Baqiao OK! (Baggio!!! Baggio è il migliore, Baggio OK!”). I tassisti passano la giornata ad ascoltar la radio e li conoscono tutti. Se non si parla di calcio, i luoghi comuni sull’Italia sono le scarpe, le borse, l’abbigliamento, il fatto che è un Paese con una storia molto lunga. Qualche volta le gaffe internazionali di Berlusconi (sì, anche in Cina ne ridono). Comunque il calcio viene sempre prima di tutto.
Dai tassisti si può imparare molto, perché sono tutti pechinesi: conoscono la città come le loro tasche, e la lingua locale, il beijing hua, che pur essendo la base del cinese mandarino se ne discosta per l’uso di certe parole e principalmente per l’erhua, il ringhio che taglia la prima o l’ultima parola in ogni frase. Sono sempre disposti a condividere informazioni con chiunque. Se ci entrate in confidenza, vi possono anche raccontare varie leggende metropolitane e le storie di Pechino che non finiscono sul giornale. Tra loro e i loro gemen’r (letteralmente fratelli, in pratica colleghi, compari) non c’è nulla che non sappiano sulle strade della loro città.
Seduto come sempre accanto al tassista, su un taxi rosso fiammante, percorro il Terzo Anello diretto a Sanlitun, sotto un cielo azzurro e terso. Quando il tassista, che ringhia particolarmente forte, scopre che vivo a Shanghai mi chiede:
“你喜欢上海吗?” (Ti piace Shanghai?)
“不喜欢,太快:快快,钱钱!” (Non mi piace, è troppo frettolosa, ogni giorno si corre e si pensa solo ai soldi)
“哈哈,上海人真小气” (Haha, gli shanghainesi sono dei gran taccagni)
“他们说上海话的时候,我听不懂” (E quando parlano il loro dialetto non capisco nulla)
“我是中国人,我也听不懂” (Anche io che sono cinese non capisco nulla)
“北京话最好听!” (Il pechinese è la lingua che suona meglio!)
Il tassista ride e alza il pollice “O-kei!”.
Appoggio la testa al sedile, mi rilasso, e sorrido anch’io. Eh, sì, sono proprio a casa.
I tassisti di Pechino sono famosi, tra i loro compatrioti, per esser gentili e chiacchieroni. Onesti no, anzi, se possono fregare un laowai sul tragitto, sulla fattura o sulla mancia lo fanno subito. Se però il laowai parla cinese l’atteggiamento cambia: a quel punto il tassista comincia una serie interminabile di domande, solitamente in quest’ordine: da dove vieni? Dove vivi? Studi o lavori? Che fai? Ma hai fratelli e sorelle? E i tuoi genitori dove sono? Sei sposato? Quando ti sposi? Quanto guadagni al mese? Ti piace bere la baijiu (grappa cinese di riso)? Quanta riesci a berne senza svenire?
A seconda delle risposte al sopraccitato questionario il tassista dispensa commenti e consigli, senza peraltro che nessuno l’abbia mai invitato a farsi i fatti del passeggero. A questo punto, terminate le domande, se siete ancora sul taxi – il che è probabile visto il traffico di Pechino – il tassista sceglie l’argomento che più lo stuzzica dalla precedente conversazione e ne pontifica esponendo tutte le sue opinioni, solitamente prive di cognizione di causa, e sempre accompagnate da richieste di assenso: “对吗?对吧?是不是?(giusto? ho ragione? è così o no?)” al termine di ogni frase.
Uno degli argomenti che i tassisti preferiscono sono le nazionalità. Italiano? Ah, adoro il calcio italiano! Lo guardo sempre, è il migliore! E alzano il pollice incurvando il labbro inferiore: “O-kei!”. Quindi cominciano a recitare le formazioni della nazionale, che vengono intuite solo per assonanza: “Matalaqi, Gulousuo, Pierlo, Bufeng, Madini”. E poi l’idolo, quello che tutti conoscono non perché è pallone d’oro ma perché è buddista. “Baqiao!!! Baqiao zui hao de, Baqiao OK! (Baggio!!! Baggio è il migliore, Baggio OK!”). I tassisti passano la giornata ad ascoltar la radio e li conoscono tutti. Se non si parla di calcio, i luoghi comuni sull’Italia sono le scarpe, le borse, l’abbigliamento, il fatto che è un Paese con una storia molto lunga. Qualche volta le gaffe internazionali di Berlusconi (sì, anche in Cina ne ridono). Comunque il calcio viene sempre prima di tutto.
Dai tassisti si può imparare molto, perché sono tutti pechinesi: conoscono la città come le loro tasche, e la lingua locale, il beijing hua, che pur essendo la base del cinese mandarino se ne discosta per l’uso di certe parole e principalmente per l’erhua, il ringhio che taglia la prima o l’ultima parola in ogni frase. Sono sempre disposti a condividere informazioni con chiunque. Se ci entrate in confidenza, vi possono anche raccontare varie leggende metropolitane e le storie di Pechino che non finiscono sul giornale. Tra loro e i loro gemen’r (letteralmente fratelli, in pratica colleghi, compari) non c’è nulla che non sappiano sulle strade della loro città.
Seduto come sempre accanto al tassista, su un taxi rosso fiammante, percorro il Terzo Anello diretto a Sanlitun, sotto un cielo azzurro e terso. Quando il tassista, che ringhia particolarmente forte, scopre che vivo a Shanghai mi chiede:
“你喜欢上海吗?” (Ti piace Shanghai?)
“不喜欢,太快:快快,钱钱!” (Non mi piace, è troppo frettolosa, ogni giorno si corre e si pensa solo ai soldi)
“哈哈,上海人真小气” (Haha, gli shanghainesi sono dei gran taccagni)
“他们说上海话的时候,我听不懂” (E quando parlano il loro dialetto non capisco nulla)
“我是中国人,我也听不懂” (Anche io che sono cinese non capisco nulla)
“北京话最好听!” (Il pechinese è la lingua che suona meglio!)
Il tassista ride e alza il pollice “O-kei!”.
Appoggio la testa al sedile, mi rilasso, e sorrido anch’io. Eh, sì, sono proprio a casa.
Nessun commento:
Posta un commento