2006-07-09

La camera da due all’hotel Dabei


La nuova camera che condivido con Massimiliano è ammobiliata come quella in cui ero da solo, ma invece che una piccola finestra, ha due pareti di finestre che danno rispettivamente a sud e ad est. E le doppie tende non servono per nulla a riparare dalle temperature estreme: nella stanza si congela. Massimiliano ha avuto il letto vicino al calorifero, e la stufetta elettrica in dotazione, che così a occhio sembra più vecchia degli ospiti, coperta di ruggine e con il cavo smangiato, non rassicura per nulla, e quando qualcuno non può controllarla continuamente va spenta, o potrebbe benissimo esplodere e dare fuoco alla camera, a noi e all’intero hotel.

La prima notte congelo. Ho addosso lenzuolo e doppia coperta di lana pesante, ma il letto è corto e le coperte pure, e anche rannicchiandomi in posizione fetale non riesco a coprire la testa. La copro quindi con il cuscino sperando di limitare la perdita di calore, ma non c’è verso. Le dita delle mani, che tirano le coperte al massimo, mi fanno male per il freddo, e mi sembra che il naso stia per staccarsi.

L’hotel, com’è ovvio, non serve colazione, a parte il thermos di acqua calda con una busta di tè al gelsomino. In un supermercato vicino a casa di Marco, ci procuriamo dei biscotti per sopravvivere. Proviamo anche con il Nescafé, ma il sapore è orribile, e senza cucchiaio mi riduco a mescolarlo con una vecchia bic. Vorrei avere del latte, anche freddo, ma il frigorifero non va (poco prima di lasciare l’hotel, scoprirò che semplicemente la spina non è attaccata, ma vai a pensare di sposare un mobile di duecento chili che contiene il frigorifero per controllare… e comunque meno cavi vengono esposti meglio è in questo posto).
La finestra mostra una vista postnucleare: vecchi palazzi di mattoni fatiscenti, finestre dai vetri luridi e impolverati, tende da sole che una volta potevano essere bianche, ma ora sono grigio-nere e stracciate dal vento, insieme ai supporti di metallo corrosi dallo smog, che quando tira vento (praticamente sempre) sbattono contro le finestre creando rumori inquietanti. Cantieri in cui muratori e ruspe lavorano ventiquattr’ore su ventiquattro, creando voragini titaniche nella terra e rumori assordanti ad ogni ora del giorno e della notte. Fabbriche da rivoluzione industriale con i muri coperti da scritte indecifrabili in gesso o vernice, forse slogan comunisti per motivare i lavoratori. Il punto di riferimento principale è una ciminiera all'orizzonte: ogni mattina scosto le tende e guardo in che direzione tira il fumo nero che ne esce. E ogni mattina tira sempre nella stessa direzione, sud diretto in direzione quasi orizzontale. Tradotto: tira vento forte da nord, dal Gobi, e oltre il Gobi dalle pianure siberiane. Più freddo del freddo che un italiano possa mai immaginare senza uscire dall’Italia.

Il sabato e la domenica, veniamo svegliati dalle donne delle pulizie che vengono a pulire la camera. Bussano e poi aprono, ancora prima che noi ci rendiamo conto del rumore. Poi, entrando in camera e trovandoci a letto, rimangono interdette e imbarazzate, prima di attaccare come macchinette a parlare cinese.
“听不懂” rispondo regolarmente. Non capisco. E quelle da capo. Dopo dieci minuti si riesce a spedirle fuori dai piedi, ma prima che mezz’ora sia passata ritornano, e si ricomincia. Ci mettiamo un po’ a capire che esiste un foglio di carta da appendere alla maniglia, con da una parte scritto “Please don’t disturb” e dall’altro “Please do my room”. 

Sono giorni duri. Ma grazie a Dio e allo spirito d’iniziativa di Massimiliano, finiranno in fretta.

  
N20_1460

Nessun commento: