2007-05-07

Milano, non è mica sempre agosto

Milano d’agosto è un sogno. Col cielo azzurro, l’aria pulita, il traffico scomparso e la gente in vacanza altrove, la città torna ad essere lo splendore che potrebbe essere ogni giorno. Si gira in biciletta tranquillamente, percorrendo strade conosciute da sempre, e incrociando una mamma con un bambino, o scorgendo un pensionato che ammira la strada dal suo balcone, all’ombra di una tenda e circondato da fiori, accanto a lui la gabbia d’un canarino. Quando è troppo caldo, ci si ferma a una vedovella a bere dell’acqua buona e pulita, che in altre parti del mondo non la trovi nemmeno a comprarla imbottigliata.

Ma agosto è una parentesi breve. Già dall’ultimo fine settimana l’orda dei cittadini torna ad occupare la città con le sue auto rumorose e l’ansia cronica degli impiegati, che troppo spesso sfocia in pura isteria. Ma c’è dell’altro.

Quando la mattina apro la finestra, invece di trovare una skyline che il giorno prima era diversa, vedo la solita via in cui sono nato, sei metri di larghezza di cui quattro presi dalle auto parcheggiate; marciapiedi coperti di merda di cane oppure di auto, perché i posti sulla strada non bastavano. In fondo, uno spazio vuoto, un prato cementato dove cresce qualche erbaccia, immutato almeno dal 1979, senza che in questi anni qualche stronzo abbia deciso di costruire un parco, un parcheggio, un palazzo. No, nulla, un’inutilissima distesa cementata senza accessi, chiusa tra quattro condomini. La strada è percorsa da gente ansiosa che cerca e non trova parcheggio, e se solo sosta cinque minuti c’è già uno strnzo dietro che suona il clacson irritato. La sera passano i tamarri, in motorino o macchina, a novanta all’ora, che c’è da aver paura a circolare i bici o a far scendere i bambini da soli.

I problemi sono quelli di sempre, non cambia nulla. Semmai peggiora: il traffico, la criminalità, il costo della vita e della casa. Tutto peggiora di anno in anno, né qualcuno si preoccupa di offrire soluzioni. La politica parla solo di partiti e tasse. Abbasso i comunisti, abbasso i fascisti, abbasso Berlusconi. Giù le tasse, su le regole. Tutti si lamentano e nessuno fa nulla. E’ una situazione kafkiana, come stare su una nave che affonda lentamente e i passeggeri, invece di mettersi assieme e cercare una soluzione al danno, si fregano i salvagenti e piuttosto che lasciarli ad altri li rompono o li gettano lontano così che nessuno li usi. Tutti a pensare malignamente al proprio interesse piccino piccino, tutti a criticare chi fa qualcosa di buono ma non reca a loro profitto, e tutti a fregare il prossimo alla prima occasione.

Ho capito, me ne vado. Anzi, scappo, come sempre. Questo posto non è per me. Si ritorna a d nuovo a casa.

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