2006-09-08

Il concerto dei Morcheeba


Jingyi una sera se ne viene fuori con un annuncio importante: i Morcheeba, un gruppo di fama internazionale, stanno per fare un concerto a Pechino. E’ uno dei primissimi eventi in cui la musica internazionale arriva in città. Jingyi, grazie alle sue frequentazioni, è una delle poche cinesi che conosce i Morcheeba: i loro CD non si trovano nemmeno taroccati. Ma fanno funk, e lei va pazza per questo genere.
Avevo già visto l’annuncio su That’s Beijing. Il concerto è organizzato dall’Istituto di Cultura Britannico. Finalmente un istituto di cultura che serve a qualcosa, e non si sclerotizza sull’intellettualismo abituale. Altro che film di Fellini, fanculo. Jingyi cercherà di procurarmi un biglietto tramite il giornale, ma non garantisce.

Alla fine ne trova uno, e ce lo dividiamo in tre: io, Massimiliano e Yao. La location è lo Yan Club, un locale appena aperto allo Spazio 798, un’ex area industriale convertita a spazio artistico. Tra le vecchie mura di mattoni delle fabbriche si aprono bar di tendenza, gallerie d’arte e i primi veri club di Pechino, che passano musica scelta con cognizione di causa. Lo Spazio 798, anche chiamato col nome del quartiere ossia Dashanzi, è un luogo quasi sconosciuto e ai margini della città, anche se a distanza di pochi mesi diverrà una delle zone più di stilose di Pechino.
Lo Yan Club è gremito di pubblico, anche se per la stragrande maggioranza è costituito da stranieri. D’altra parte, i lettori delle riviste in inglese sono loro. E’ un peccato vedere come i giovani cinesi siano all’oscuro dei sounds stranieri.

Il concerto è spettacolare: Skye e compagnia suonano divinamente e trascinano il pubblico. Seduto sulla scalinata/spalto, ballo e canto con i miei amici. Molte di quelle canzoni le ho già sentite, e differenza di Jingyi e Yao. E’ buffo vedere la linea di poliziotti che divide il pubblico dal palco. Sì, non si tratta di security ingaggiata privatamente: in questo genere di eventi culturalmente attivi, il governo preferisce gestire le cose personalmente. I poliziotti avranno una media di diciott’anni e pare non sentano nemmeno la musica: sono statue di ferro senza espressione.
Poi capita l’inaspettato: mentre i tutori della legge tengono il pubblico lontano dal gruppo, Skye si china e ruba il cappello di uno di loro, ride, se lo mette alle ore undici e continua a cantare atteggiandosi a ribelle. Smetto di ridere quando mi accorgo che tra i cinesi della sala, compresa Jingyi, è calato il gelo. Il giovane poliziotto, umiliato, prega mimando Skye di restituire il copricapo, e quella ci prende ancora più gusto. Il ragazzino è paonazzo d’ira e vergogna, ed è chiaro che nessuno dei poliziotti ha idea di come gestire la situazione: si aspettavano di dover controllare il pubblico, non gli artisti!
“She has no idea of what she’s doing” dice Jingyi “she’s risking a lot”
Non c’è nulla di divertente per i cinesi: hanno veramente paura. La polizia non si offende, non ci si prende gioco delle forze dell’ordine; chi lo fa rischia grosso, anche se è un cantante straniero e famoso. E comincio ad agitarmi anch’io.
Finalmente Skye restituisce il cappello al ragazzo, lanciandolo a mo’ di freesbee. Il poliziotto se lo riinfila offeso, e tutto riprende il suo corso. Anche questa è la Cina, la censura talmente eccessiva che non è in grado di reagire all’imprevisto.

Il concerto continua splendidamente… The Sea, Shoulder Holster, Blindfold… la musica trasporta il mio spirito e quello di tutti i presenti. Non sembra vero di sentire un suono del genere in questo luogo. Ma anche questo è possibile, a Pechino, in Cina. La mia mano e quella di Jingyi si stringono e in quel momento non c’è bisogno di parole, di lingue per mediare la comunicazione. Entrambi sappiamo di essere insieme e felici di condividere questo momento memorabile per entrambi.

Ancora oggi, quando ascolto i due CD che comprai a fine concerto, i primi CD dei Morcheeba in Cina, originali e con tanto di scritte in cinese, mi commuovo. Quella notte s’è fatto un piccolo pezzo di storia della Cina, e forse un grosso pezzo della storia mia e di Jingyi.

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