La domenica seguente decido di ritentare la fortuna in Tian’anmen, ma questa volta prendo il taxi. La piazza è enorme, e dominata da monumenti solenni e colossali: Tian’anmen ossia la Porta del Cielo, con la sua gigantografia di Mao; il Monumento agli Eroi del Popolo, con il suo obelisco; il Museo della Rivoluzione, il Mausoleo di Mao Zedong, il Palazzo del Popolo, Qianmen ossia la Porta Anteriore, la Torre degli Arcieri e la vecchia Stazione Ferroviaria in stile art déco. Cammino senza fine, senza in effetti capire cosa mi circonda: non faccio altro che guardarmi attorno disorientato.
Verso mezzogiorno, stanco morto, cerco qualcosa da mangiare, e mi accorgo che i ristoranti cinesi non hanno menù in inglese, e d’altra parte mi rifiuto di mangiare in un fast food americano. Il compromesso è un fast food giapponese che serve eccellente cibo asiatico a prezzi contenuti, su tavoli quadrati in legno chiaro, illuminati da lampade di carta che contengono lampadine.
E’ qui che incrocio lo sguardo con un altro straniero, solo come me, seduto al tavolo di fronte. Non ci pensiamo tanto, prima di sorridere, attaccar bottone e poi sederci allo stesso tavolo. Avrà quarant’anni suonati, quest’uomo biondiccio con gli occhiali tondi e la faccia seria e precisa, ed è vestito da backpacker. Fa il professore in una scuola negli Stati Uniti, mi racconta poi, ed è qui per turismo: viaggia da solo. Scambiamo opinioni e impressioni sulla Cina, ed entrambi ne siamo abbastanza stupiti e confusi. E passiamo un pranzo in compagnia prima di salutarci e non vederci mai più, ognuno per la sua strada.
Il bello di Pechino è anche questo: esiste una sorta di senso della comunità tra gli stranieri. La sensazione di essere perduti in un Paese enorme e alieno crea una sorta di fratellanza, che porta a sorridere e attaccare bottone con chiunque si incontri per strada e non appaia immediatamente cinese. La forza di questo legame varia da zona a zona – debole nella zona finanziaria, dove gli stranieri sono molti e sempre di fretta, fortissimo nelle zone più remote, dove incontrare un altro viaggiatore è un evento da celebrare con un brindisi e una storia, una storia che ha sempre a che fare con incomprensioni dovute alle differenze culturali, e che finisce con una scrollata di capo e una risata. E’ sorprendentemente facile farsi amici a Pechino, se si è stranieri, persino per me che sono sempre stato timido e taciturno: la curiosità, qui, è sempre più forte della diffidenza. D’altra parte, se una persona ha compiuto il viaggio per venire qui in Cina, per certo non sarà una persona noiosa da conoscere. E quindi, perché non conoscerla?
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