Il primo giorno libero che ottengo decido di utilizzarlo per visitare la città. Con la mia mappa alla mano, studio il percorso da fare. Marco mi ha tirato pacco, preferendo stare da solo, a quanto pare, e così mi devo arrangiare. A giudicare dalla mia cartina e dalle proporzioni, stabilisco che potrei fare una passeggiata lungo una delle vie principali della città, la Jianguomen, che taglia Pechino da ovest ad est, passando diritta per piazza Tiananmen ai piedi della celebre porta con la gigantografia di Mao. Secondo le mie stime, ce la posso fare in circa quaranta minuti. Marco mi ha consigliato di prendere un taxi, ma io un taxi non l'ho mai preso in vita mia e mi sembra ancora una cosa per gente viziata; e sono un buon camminatore. Che ci vorrà mai?
Chiunque conosca Pechino, comprende che dall'hotel Dabei (100 m a est del Guomao) a Tiananmen c'è una distanza totalmente incompatibile con le mie stime. E' difficile per uno che ha sempre vissuto a Milano, pensando che sia una grande città, avere idea delle distanze a Pechino. Qui gli abitanti sono dieci volte tanti. Dopo circa un'ora mi sembra di essere arrivato: sono su un ponte stradale. Consultando la mappa, resto abbastanza deluso dal confronto dei nomi delle vie. Ho percorso la distanza che sta tra il terzo e il secondo anello della città. Sono un po' meno che a metà strada.
La strada sembra infinita. Ogni volta mi sembra di esserci, e non ci sono mai, e mentre cammino verso ovest il sole cala lentamente. Palazzi di proporzioni monumentali sfilano ai due lati della strada ad otto corsie. Incontro una ragazza che mi saluta: è una puttana, 小姐 (xiaojie) come le chiamano qui, le “signorine”, o 鸡女 (jinü), “donne-pollo”. Supero un arcobaleno fatto di luci al neon che incorona l'intera via. Più avanti raggiunto l'hotel Beijing, il più antico albergo della città, con uno stuolo di taxi. Un vecchio in triciclo mi assale offrendomi i suoi servizi.
"天安门远不远?E' lontana Tiananmen?" chiedo.
"很远!Lontanissima!" dice.
Non mi fido, e dopo soli altri venti minuti ci sono. Tiananmen, la piazza più grande del mondo. La porta del cielo, ora con il ritratto del Grande Timoniere. Sono talmente stanco che l'idea di attraversare la piazza mi distrugge: è veramente sconfinata. Faccio un giro breve, ma ormai il sole è calato. Per tornare a casa, quasi quasi, prendo un taxi. Il giorno dopo avrò i piedi piagati e farò fatica a camminare. Però, in questo posto sembra di vivere ogni giorno un'avventura.
Chiunque conosca Pechino, comprende che dall'hotel Dabei (100 m a est del Guomao) a Tiananmen c'è una distanza totalmente incompatibile con le mie stime. E' difficile per uno che ha sempre vissuto a Milano, pensando che sia una grande città, avere idea delle distanze a Pechino. Qui gli abitanti sono dieci volte tanti. Dopo circa un'ora mi sembra di essere arrivato: sono su un ponte stradale. Consultando la mappa, resto abbastanza deluso dal confronto dei nomi delle vie. Ho percorso la distanza che sta tra il terzo e il secondo anello della città. Sono un po' meno che a metà strada.
La strada sembra infinita. Ogni volta mi sembra di esserci, e non ci sono mai, e mentre cammino verso ovest il sole cala lentamente. Palazzi di proporzioni monumentali sfilano ai due lati della strada ad otto corsie. Incontro una ragazza che mi saluta: è una puttana, 小姐 (xiaojie) come le chiamano qui, le “signorine”, o 鸡女 (jinü), “donne-pollo”. Supero un arcobaleno fatto di luci al neon che incorona l'intera via. Più avanti raggiunto l'hotel Beijing, il più antico albergo della città, con uno stuolo di taxi. Un vecchio in triciclo mi assale offrendomi i suoi servizi.
"天安门远不远?E' lontana Tiananmen?" chiedo.
"很远!Lontanissima!" dice.
Non mi fido, e dopo soli altri venti minuti ci sono. Tiananmen, la piazza più grande del mondo. La porta del cielo, ora con il ritratto del Grande Timoniere. Sono talmente stanco che l'idea di attraversare la piazza mi distrugge: è veramente sconfinata. Faccio un giro breve, ma ormai il sole è calato. Per tornare a casa, quasi quasi, prendo un taxi. Il giorno dopo avrò i piedi piagati e farò fatica a camminare. Però, in questo posto sembra di vivere ogni giorno un'avventura.
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