2006-05-13

Verso l'Ufficio


Ho finito da poco di sistemare la valigia e darmi una rinfrescata, e già mi metto in marcia per il luogo di lavoro, dove svolgerò il mio stage nei prossimi tre mesi. Ho una mappa di Pechino lasciatami, un anno prima, da una mia ex cinese. Ce l'ho ancora quella mappa: è una di quelle cartine che si piegano e dispiegano, stanno in tasca e aperte coprono un tavolo. Per la verità la mappa di Pechino copre una parte minuscola della mappa, e porta evidenziati alberghi e fast food: il resto del gigantesco foglio è coperto di pubblicità di cellulari, ristoranti, hotel, e qualunque altro bene o servizio che il capitalismo possa offrire nella capitale del più grande partito comunista del mondo.

L'hotel Dabei dà sulla Jiangguomen, una delle strade più grandi della città, che la attraversa da est verso ovest. Attraversando il ponte stradale, ammiro le otto corsie che portano migliaia di auto e biciclette da un lato all'altro della città. Ai lati, grattacieli nuovissimi, decorati con cupole dorate, tetti ricurvi e caratteri luminosi. All'orizzonte, solo grattacieli e ponti che attraversano la via. Cammino sentendomi schiacciato dalle dimensioni colossali di tutto: mi sento una formica, per di più una formica bianca, perché tutta la gente che incontro mi guarda come se non avesse mai visto un europeo.


L'incrocio del Guomao, che unisce la Jiangguomen con il Terzo Anello, è un compenetrarsi incredibile di raccordi e ponti stradali. Automezzi, motorini e biciclette passano in tutte le direzioni, anche sopra di me. Il semaforo è tuttora un mistero per me: tutti lo ignorano, e i pedoni si raccolgono, grazie a un naturale istinto, in branchi che affrontano le strisce pedonali assieme, impedendo con il numero di essere schiacciati dai veicoli. Vige la legge del più forte e del più grosso, e se un camion può essere grosso, un gruppo di trenta biciclette e motorini può essere comunque un deterrente al suo passaggio forzato. Non ho mai capito in virtù di quale miracolo un sistema del genere, una totale anarchia del codice stradale, possa funzionare. Ma funziona, e il traffico scorre, lento ma scorre.


Il Terzo Anello, la circonvallazione che ruota attorno alla città (ce ne sono sei) non è molto diversa dalla Jiangguomen, con le sue otto corsie piene di ogni mezzo di locomozione possibile e i marciapiedi larghissimi, i passaggi pedonali sopraelevati e i cartelli stradali enormi con decine di direzioni. In circa venti minuti sono arrivato ai piedi del Jingguang Centre, il grattacielo più alto di Pechino: cinquantadue piani di specchi, una pianta simile a una sezione di cerchio - tre lati piatti, un lato curvo. Contiene un hotel, degli uffici, ristoranti, banche, palestre e club. All'interno l'atmosfera è sfarzosa: marmi e dorature, vasi di porcellana alti come persone, sculture in giada, pinne di pescecane esposti in enormi teche e personale di servizio elegante e che saluta in cinglese. I sei ascensori mi portano al trentaseiesimo piano in pochi secondi, senza nemmeno farmi sentire l'effetto della pressione.



Arrivo finalmente alla porta dell'ufficio, un bell'ufficio con pareti chiare e moquette di un verde-blu rilassante, splendida vista sul tutta Pechino, pulito e profumato. La receptionist, una ragazza cinese, mi guarda incuriosita. Poi mi trovo davanti Marco, che capisce immediatamente:
"Gabriele, vero?"
Mi offre la mano. Prima ancora che me ne accorga, Marco mi sommerge di un fiume di parole. Ho l'impressione che nei tre mesi precedenti non abbia parlato con nessuno, e all'improvviso abbia deciso di recuperare con me. Mi racconta tutto quello che può raccontarmi su Pechino, sull'ufficio, su di sé, intercalando con domande e battute. Se non altro, è simpatico e sveglio. Pazienza se è logorroico.


Finalmente incontro il mio futuro capo. Mi accoglie nel suo ufficio con gentilezza e apre con alcune formule di cortesia. Mi sento incoraggiato, e ci tengo a fare bella figura mostrando la mia disponibilità, persino esagerando e facendo finta di essere immune al jet lag.
"Allora, quando comincio?" chiedo baldanzoso "anche domani se volete" scherzo.
"Certo che cominci domani" risponde lei, seria "non hai ricevuto la mia mail?"
"No… " esito.
"Ogni tanto qui le e-mail spariscono. Colpa delle connessioni cinesi… pazienza. Be', comunque cominci domattina alle nove, puntuale mi raccomando"


Se non altro, non sono finito in un posto dove farò fotocopie per mesi, penso.

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