2006-05-05

Antefatto

Questo è il diario di una storia d'amore. E' la storia di un viaggiatore e di un una città, lui italiano, lei cinese. E' un'elegia alla libertà, alla felicità, alla dolcezza della solitudine e della compagnia.

Come ogni storia che si rispetti, dopo il Prologo viene l'Antefatto.

ANTEFATTO

Non so quando è nata la mia passione per l'Oriente. Immagino sia iniziato tutto con un mappamondo, regalatomi da mio nonno paterno, così tanto tempo fa che non so collocarlo nel tempo scientifico. E' arrivato a Natale, il mappamondo, e di fianco al mio letto l'ho tenuto da quella notte. Il mappamondo mostrava la terra fisica, ma si accendeva come una lampada, e allora mostrava il mondo politico, e le correnti marine con linee rosse e blu. Ce l'ho ancora quel mappamondo, ed è uno degli oggetti più cari che ho.
Lo scrutavo ogni sera, prima di addormentarmi, lo facevo girare tra le mie mani e leggevo a fatica i nomi di paesi sconosciuti, ognuno con il suo colore. E allora la passione era per i luoghi lontani geograficamente. La Nuova Zelanda era il mio sogno, isola sperduta dall'altra parte del globo, in mezzo al mare, con i continenti da una parte e il grande oceano dall'altra.

Ancora prima del mappamondo c'era una mappa, appesa da mio padre sul muro del corridoio, accanto alla porta di camera mia. Una stampa di una mappa antica, che non so più trovare. Non so nemmeno cosa rappresentasse, ma ricordo una terra, in alto a sinistra, i cui confini sfuggivano alla mappa. "Quello è il Paese dei Mongoli" mi aveva detto una volta mio padre.

Col tempo, l'amore per i luoghi lontani geograficamente è diventato amore per i luoghi lontani culturalmente. L'India, il Tibet, la Cina. Le antiche civiltà extraeuropee.

Ma il mio incontro con la Cina data molto più tardi, al 1998. Dovevo studiare due lingue a scelta all'università: una era scontatamente l'inglese, l'unica lingua straniera che conoscessi. La scelta dell'altra fu dettata da due elementi. Il primo, la diversità: una lingua non serve solo a parlare, ma anche a pensare; una lingua diversa insegna un modo diverso di pensare, un approccio diverso all'elaborazione delle percezioni del mondo. Il secondo elemento era la pigrizia: non avevo nessuna intenzione di studiare a memoria declinazioni, coniugazioni e preposizioni. La scelta cadde sul cinese. Un caso fortuito, perché studiavo economia, e la mia università era l'unica nel suo genere a insegnare cinese, un corso attivato un anno prima e soppresso due anni dopo.

Ebbi buoni professori, che mi seppero insegnare e motivare. Due anni dopo, articolavo già frasi più o meno complesse. Fu allora che in Italia si cominciò a parlare sempre più spesso dello sviluppo economico della Cina. Cavalcando l'onda, mi dedicai allo studio delle economie asiatiche, e dei sistemi di pianificazione comunisti. Chiesi una tesi sulla Cina, e la mia relatrice mi mise davanti a una scelta imperativa: "Se vuole lavorare con me deve fare una tesi seria; e se vuole fare una tesi seria, deve raccogliere dati in Cina". La mia università offriva stage in Cina, sebbene la mia media, al tempo piuttosto bassa, mi mettesse in difficile competizione con altre persone. Non so se fu grazie alla telefonata che la mia relatrice fece all'ufficio selezione stage, davanti a me, che ottenni la borsa per partire. Fatto è che, il 20 gennaio 2003, ero seduto su un Boeing 747 della Air China diretto a Pechino, unico italiano in mezzo a una bolgia vociante di wenzhouesi e un solo elegante e gentilissimo uomo d'affari di Shanghai, con un sorriso benevolo verso il mio cinese rudimentale e un naso arricciato alla vista della massa d'ignoranti contadini che lo circondava. Fu lui che mi aiutò a compilare il complicatissimo foglio di via, e a parlare con le hostess, poiché non masticavo ancora il cinglese a cui più tardi sarei diventato abituato al punto da essere in grado di imitarlo. I miei genitori avevano pianto all'aeroporto: figlio unico, non ero mai stato lontano da casa per più di un paio di settimane; e nessuno nella mia famiglia aveva mai viaggiato così lontano, in un paese alieno e sconosciuto, un paese comunista che faceva parte del Terzo Mondo. Ma mentre l'aereo prendeva il volo e vedevo Milano, la pianura padana, e l'Italia allontanarsi, provavo una sensazione strana, di leggerezza mista ad eccitazione e orgoglio. Mi sentivo come Bilbo Baggins che lasciava Casa Baggins, e si metteva in viaggio verso la Montagna Solitaria, davanti a lui una terra sconfinata, sconosciuta, e piena di avventure.

Nessun commento: