2007-04-28

Ferragosto

Mi sveglia il trapano alle otto del mattino, ma sono di buon umore. Attraverso le tende in stile tovaglia azzurra lasciate dai padroni di casa filtra una luce più calda del solito, e sento meno umidità. Oggi è Ferragosto, e per la prima volta da quando sono qui Pechino mi regala un giorno di sole! Attraverso le foglie dei vecchi alberi vedo brillare i suoi raggi e mi godo la brezza asciutta che scuote i rami. Finalmente!

Passo gran parte della giornata a casa, preso dal lavoro, ma le finestre sono spalancate ed è pieno di luce. Faccio un salto fuori alle due per raggiungere il 7 Eleven e accaparrarmi una delle ultime porzioni di manzo al curry che rimangono, e scattare una foto ai tassisti appisolati nella loro auto in questa pigra giornata d’estate.

Le sei di sera arrivano in fretta, e il sole comincia a calare in una luce dorata. E’ il caso di uscire, non resisto a sprecare la giornata tra queste pareti. Uno sguardo a Google-earth e alla sua mappa datata di Pechino, e si decide la meta, il Tempio dei Lama. La strada non si sa, la dovrò trovar da solo in mezzo agli hutong.

Sono sorprendentemente vicini a casa, una decina di minuti. Antichi, tranquilli, caratteristici e pieni di vita. Massaie con i cani bianchissimi e cotonatissimi, gatti grossi come condizionatori che rispondono ai richiami dei padroni, gabbie con grilli e uccellini, vecchi grassi che siedono soli con una sigaretta in mano, o spazzano la strada con una scopa di saggina corta, uomini che giocano a scacchi a dorso nudo con la faccia concentrata, donne che se la chiacchierano sedute sugli scalini di casa, ristoratori che friggono e arrostiscono, parrucchiere ipnotizzate dalla televisione che trasmette telenovele coreane, ragazzi in bicicletta e postini in scooter.

Sono a Pechino, sì, ora lo sento. Sono finalmente a casa.

Mentre scatto una foto ad uno scorcio particolarmente suggestivo, la luce del tramonto illumina un vecchio siheyuan rimesso a nuovo con ampie finestre e mobili moderni. Un numero civico di fianco alla porta identifica il luogo: No. 28. E’ un ristorante. Ci torno la sera con Francesca, un’amica italiana che sta da me qualche giorno: la clientela è solo cinese, come il menù di piatti del Guizhou. Il silenzio della sera dolce, il servizio gentile, il conto ridicolmente basso.

Facciamo una passeggiata fino alla Torre del Tamburo e a Houhai, poi un salto al fossato nord della Città Proibita, quindi taxi fino a casa. Pechino la sera di Ferragosto, le strade buie piene di gente.

Solo adesso mi rendo conto veramente d’esser tornato a casa, dove il mio cuore attendeva da anni.

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