Se avete letto superficilmente solo alcuni dei post di questo blog potreste esservi fatti l’idea che i cinesi siano tutti dei gran minchioni. Non c’è nulla di strano o di male, questa è comunque l’idea che si fa anche chi vive qui per un periodo piuttosto corto o comunque non si preoccupa di conoscere bene il Paese e la gente che lo abita.
La realtà tuttavia è ben diversa – così come i cinesi stupidi e ignoranti sono le bestie più bestie che ci siano, quelli svegli e di buona cultura sono dei geni che non ne trovi altrove. Chissà poi perché, ma è così. Nello specifico, uno dei miei amici ricade nella categoria dei geni, e siccome è parecchio tempo che non lo vedo, una sera lo chiamo e lo invito a cena sulla Guijie.
Arriva direttamente dall’ufficio il vecchio Joe, ossia Zhou, taglio di capelli standard, polo rossa e occhiali da topo da biblioteca, e ci infiliamo in un ristorante di hot pot di pesce stile shanghainese. Non può mangiare altro, mi dice, per problemi di stomaco. Molti cinesi ne soffrono, a causa delle quantità esagerate di té bollente che bevono, che erodono le pareti dello stomaco causando ulcere a manetta. Le sigarette non fanno che peggiorare la situazione.
Il buon Joe ordina dall’acquario, il cameriere pesca, ammazza, mostra ai clienti, e poi porta la bestia in cucina. Di lì a pochi minuti il pesce è cotto a puntino, servito in un calderone di metallo che ribolle di brodo profumato, la sua carne è tenera e delicata e per nulla oleosa e dolce, come invece di solito sono i piatti di Shanghai.
Si parla di massimi sistemi, con Joe. E’ una delle uniche persone che conosco qui con cui è davvero gratificante parlare, perché non c’è niente che non conosce, nessun argomento su cui non ha già riflettuto, e su cui non ha un’opinione solida. Verso metà della cena i nostri discorsi deviano verso la democrazia. Joe, a differenza di molti cinesi, non ha remore a discuterne con uno straniero. Mi dice che la Cina non ne ha abbastanza, che il governo è troppo unilaterale e non tiene conto dei problemi di tanta gente, soprattutto nelle campagne. I loro interessi, i loro diritti di base, sono calpestati senza pietà. Secondo lui, questa situazione non può durare in eterno, qualcosa deve cambiare, ci deve essere una rivoluzione. Non necessariamente una rivoluzione violenta, anche solo una rivoluzione amministrativa, nella cultura dello Stato.
Non mi trova d’accordo: vivo in Cina da ormai due anni e quello che vedo è un governo che si impegna per far crescere il Paese. Gli faccio l’esempio delle grandi democrazie e di quello che hanno prodotto. Quale Paese che pretenda di essere democratico, alla fin fine lo è davvero nel nostro secolo? Gli Stati Uniti, il grande campione della democrazia mondiale? Uno stato dominato dai media, dove la gente subisce un lavaggio del cervello non molto diverso da quello che riceve qui. Se non altro il Partito, dico, è più onesto nel dire ai suoi cittadini che le loro decisioni non influenzano il governo.
L’Europa? E’ una democrazia malata. Certo, siamo liberi di pensare, siamo liberi di scrivere e di parlare, ma questa libertà è abusata, ciascuno si trincera dietro i propri diritti personali e paralizza l’intero sistema. Da dopo la Seconda Guerra Mondiale siamo dominati da un’élite politica corrotta, e ogni tentativo di cambiamento positivo è bloccato da interessi particolari, da ideologie di nicchia. Quanto alla libertà di voto certo, la gente vota, ma cosa vota? Non ha idea di cosa accade veramente nei Parlamenti, nelle riunioni di governo, nelle alleanze di partito. Tutti possono esprimere la propria opinione, e alla lunga l’opinione è diventata più importante della realtà. Ciascuno è libero di non essere obiettivo, di non essere ragionevole, di divulgare informazioni parziali o faziose. Il sistema democratico moderno è basato sul conflitto, ognuno dice la sua, ognuno si preoccupa delle proprie prerogative. Ognuno pensa ai propri interessi di gruppo, e i valori, quelli che tengono insieme una società, sono scomparsi. Chi parla più di valori, in Europa? L’unico argomento è il welfare – le tasse, i servizi. E questa sarebbe politica? Questa sarebbe democrazia? Finché la gente concepisce lo Stato solo come un’amministrazione dei beni comuni, non si può parlare di democrazia. Non esiste una cultura della democrazia, e senza questa cultura non ci può essere democrazia. Senza cittadini responsabili che votano con coscienza, e senza amministratori altrettanto responsabili nei confronti dell’elettorato, abbiamo solo un sistema che non funziona.
In Europa, non abbiamo una cultura della democrazia. In America nemmeno, e neppure in India, in Russia o in America Latina. Che senso ha parlare di democrazia in Cina allora? Che senso ha dar potere di voto a ottocento milioni di contadini che sanno a malapena scrivere il proprio nome? Per chi voterebbero? Per cosa, se non per le promesse più fantasiose e per il candidato più accattivante e simpatico? Questa è forse democrazia? Credimi, Joe, tanto meglio il Partito unico che elegge i governanti al suo interno, almeno ho la certezza che chi comanda qui è stato eletto da persone che sanno quel che fanno, e che non si spaventano per un corteo di villaggio o per un prete che parla d’apocalisse. Mentre l’America produce solo guerre e l’Europa è paralizzata dal suo rispetto delle minoranze, la Cina cresce, si costruiscono scuole, ospedali, infrastrutture, e la gente pensa al futuro. Chi pensa più al futuro, in Occidente? Senza fiducia nel futuro, non si può migliorare.
Ci spostiamo a casa mia. In Italia ho comprato una moca per Joe, che ama il caffé. Almeno, spero, non si sfascerà più lo stomaco col té. Su sua richiesta, tiro fuori la chitarra, strimpello qualcosa. Gli piace, nella sua curiosità da bambino per qualunque cosa vuole imparare, e dieci minuti dopo Joe sta praticando Mi, Mi minore, La, La minore. Sospiro, gli do degli esercizi da fare a casa. Joe è entusiasta. Che uomo fantastico, averne di energie mentali così.
Rimaniamo a chiacchierare fino a tardi su questo e su quello, sul senso dell’arte e sulla cultura italiana, sulle donne e sugli uomini e sulle loro relazioni, sulla Rivoluzione Culturale e sulla lingua latina e le sue influenze nelle lingue moderne. Non andiamo d’accordo su molte cose, ma entrambi gioviamo dei punti di vista reciproci. Quando Joe se ne va verso casa, la sua moca in un sacchetto di plastica e la promessa di praticare gli accordi, mi sento leggero, come se tanti pensieri nella mia testa fossero venuti fuori e non spingessero più dall’interno del cranio. Ogni tanto ci vuole un amico così con cui parlare.
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