Dandan è a Pechino per la settimana della Liberazione e, a parte comprar mobili e portar la mia Lei visitare la città, che non girava da circa 20 anni, decido di andare a cercare una vecchia conoscenza del passato e mantenere una promessa fatta nell’inverno del 2003.
Biglietto da visita in mano, io e Dandan ci incamminiamo tra gli hutong vicino al Tempio di Confucio e, facendomi guidare da una memoria lontana, mi metto in cerca della casa del vecchio signor Ban, l’ex professore di matematica ora pensionato e, per arrotondare, calligrafo per turisti. Ho conservato la foto che ci siamo fatti assieme, ma l’epidemia di SARS mi aveva impedito di portargliela come promesso. La parola data è sacra, e dunque eccomi qui, curioso di vedere ancora il vecchio signore così gentile.
Entriamo in un vicolo stretto costeggiato da porte e vecchi pingfang (平房, ovvero baracche posticce di mattoni rossi costruite ai tempi di Mao, in cui veniva ospitata la gente che immigrava in città, posizionate in qualunque spazio possibile come cortili, lati di strade, vicoli chiusi, ecc.). Dandan ha un’idea: il signor Ban è vecchio e piombargli in casa così all’improvviso non è carino, meglio telefonare. Chiamiamo. Risponde una donna che, incerta, ci invita ad entrare al tal numero e spiega come orientarsi nel vicolo, quali direzioni prendere, e a quale porta posticcia fermarsi.
Arriviamo, sì, sono passati più di tre anni ma me lo ricordo questo scorcio di pingfang, stanze minuscole, il salotto-camera da letto da un parte, la cucina a cabina telefonica, la biblioteca-camera dei figli dall’altra parte del vicolo di mezzo metro di larghezza. C’è una signora con gli occhiali spessi e quadrati e i capelli bianchi che ci aspetta sorridente. Niente indugi, ci invita a sederci al tavolino, io su una seggiola scassata e Dandan sul letto, la sciura prende uno sgabello, apparecchia con delle carte di giornale e sega a metà un’anguria titanica.
La signora Ban, senza nemmeno sapere chi siamo, spiega che il marito è fuori ma tornerà presto, nel frattempo ci offre quello che ha in casa e chiacchiera con Dandan. Tempo dieci minuti, eccolo che arriva: è lui, un po’ dimagrito, decisamente invecchiato, ma sempre lui. Saluta calorosamente ma è chiaro che non ha capito chi sono, solo che le regole dell’ospitalità gli vietano di essere freddo. Nessun problema, ecco il deus ex machina: estraggo la foto e spiego, con l’aiuto di Dandan, della mia promessa. Mi scuso di non poter essere venuto prima, ma le circostanze non me lo hanno permesso. Il signor Ban si illumina, e allora orgoglioso e compiaciuto si butta nella conversazione. Ci fa ogni genere di domanda, accompagnando le risposte, come si conviene, con complimenti a profusione sull’Italia, su Chengdu, sul mio cinese, sul fatto che sembriamo bravissimi ragazzi, e chi più ne ha più ne metta.
Il signor Ban è sempre pensionato, fa sempre il calligrafo ma ultimamente ha sempre meno voglia di uscire, data l’età e gli acciacchi. Per fortuna uno dei suoi figli è diventato professore come lui: non guadagna un granché, ma è un mestiere prestigioso e gli permette di aiutare i genitori, che ricevono una pensione di meno di 1000 kuai al mese. E’ anche vero che casa loro, nei suoi 35 metri quadri di spazio, costa meno di 100 kuai di affitto. Poveri in canna, ma dignitosi, sempre così la famiglia Ban. Ora che il mio cinese, rispetto a tanti anni fa, è migliorato, riesco a chiacchierarci meglio e ad approfondire. Ragazzi, la mia prima conversazione in cinese l’avevo avuta con lui!
Rimaniamo a discutere amabilmente e mangiar frutta a lungo, e il signor Ban mi chiede di scrivere dietro la foto la data e il mio nome, per ricordarseli, che l’età gli fa brutti scherzi. Ne scattiamo un’altra, con la mia nuova macchina digitale, per ricordarci d oggi. Poi la moglie sparecchia, pulisce il tavolo e lui estrae la sua collezione. Ci fa scegliere tre rotoli da darci in dono: caratteri semplici incorniciati da formule di buona fortuna. Io e Dandan scegliamo Ai (爱), Amore; Fu (福), Felicità; e Fo (佛), Buddha.
Salutiamo il signor e la signora Ban con infiniti ringraziamenti, che contraccambiano di cuore. Poi, nella sera che cala, io e Dandan c incamminiamo verso casa con i nostri tre rotoli di calligrafia. Il primo di questi finirà incorniciato sopra il letto.
La sera, stesi uno accanto all’altra, pensiamo all’incontro e ai tre auguri del vecchio Ban. Stringendoci la mano, immaginiamo il nostro futuro in questa città, insieme.
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