2007-01-22

Quiete Campagnola


Sono i primi giorni di giugno quando un altro dei miei viaggi mi porta a Pechino. E’ sera, e faccio appena in tempo a farmi una doccia, poi vado a cena al Kiosk. Il Nali è praticamente vuoto, se si eccettuano un paio di cinesi di mezza età seduti sul dondolo, Sasha, le sue cameriere e due altri clienti, stranieri sui quarant’anni. Mi siedo direttamente al tavolo con loro, anche se non li conosco. Uno se ne va in fretta, l’altro rimane a chiacchierare: è svedese, fa il corrispondente per una testata del suo paese e si diletta di fotografia. Al collo porta una Canon professionale, con cui scatta quando l’ispirazione lo prende. Il nostro argomento principale è lo sfascio causato a Sanlitun dai progetti di ricostruzione che vanno avanti da anni. La nostra conclusione, che la cultura del “backstreet bar” sopravvivrà spostandosi continuamente in là.

Il mio Kiosk Burger è come sempre eccezionale, e ci aggiungo delle patate fritte tagliate spesse. Peccato non possa bere birra, gli antibiotici che prendo per il raffreddore da aria condizionata preso a Shanghai me lo impediscono.

Dopo un po’ lo svedese se ne va. I cinesi sul dondolo sono spariti, le cameriere salutano e vanno verso casa sulle loro biciclette. Le luci si spengono, tutti i tavoli sono già accatastati in un angolo, e rimaniamo io seduto all’unico tavolo rimasto sulla strada, e Sasha nel suo chiosco che mette in ordine le ricevute della giornata. Il silenzio della sera mi coccola: non c’è un rumore. Sono nel centro del quartiere dei divertimenti di Pechino, è domenica sera, e pare d’essere in campagna, luce bassa e silenzio di pace. Me lo godo per dieci splendidi minuti, fino all’arrivo di Irene, con una lattina di birra in mano comprata al 24 hours, che costa meno. Saluto Sasha, chiedendogli se gli serve una mano a spostare l’ultimo tavolo. Rifiuta con un sorriso e saluta con la mano.

Camminiamo per Sanlitun, io e Irene, e ci si racconta quel che è successo durante la settimana. La nostra tappa successiva è un parrucchiere nella strada tra Sanlitun e Xindong Lu, una strada buia e piena di buche lasciate dalle ruspe ora dormienti, dove le uniche luci sono quelle di un rivenditore di sigarette e tre negozi di parrucchieri pieni di cinesi con strane acconciature. Irene dispone, i cinesi mi fanno accomodare, mi lavano i capelli, me li rasano, me li ripassano a rasoio, poi con un pettine e una forbice li ricontrollano una terza volta per assicurarsi che siano tutti lunghi 6 millimetri. Poi mi rilavano i capelli.

Nel frattempo, altri due inservienti hanno intortato Irene sui prodotti innovativi importati dall’Europa a prezzi spropositati, che renderanno i suoi capelli meravigliosi. Irene cerca di non ridere troppo, pensando che solo due settimane prima una tinta bionda le ha lasciato tutta la testa rosso rame. Adesso ne ride, ma dal parrucchiere la reazione era stata ben diversa.

Soddisfatto del mio taglio 6mm e della foresta di riccioli che giace sul pavimento, allungo 10 kuai a uno di loro, che ringrazia.

Io e Irene ci incamminiamo nel silenzio verso casa. Non sarà nemmeno mezzanotte, e il più della gente che si trova per strada va in giro in pigiama e ciabatte. La domenica sera di giugno a Sanlitun è come stare in campagna. E io sono proprio contento di non essere a Shanghai.

2 commenti:

euriscko ha detto...

Ciao,

Siamo 2 amici, abbiamo visto i tuoi racconti. Vorremmo aprire un'attività e per questo volevamo chiederti una tua mail dove poterti scrivere le nostre domande. E' possibile? Grazie. Michel e Ralf

Wild Child ha detto...

Lasciate la vostra e-mail che vi scrivo...