2007-01-13

Viaggio in Occidente

E’ la metà di maggio quando mi preparo a compiere uno dei grandi viaggi di perlustrazione del mercato per la mia azienda, e questa volta la meta è la Cina Occidentale, quell’enorme estensione di Asia che è stato oggetto della mia tesi di laurea. Francamente non avevo mai pensato che ci sarei andato, e invece ora eccomi qui, in partenza con un trolley strapieno di completi eleganti per un periodo di due settimane che mi porterà a Wuhan, quindi a Chongqing, Chengdu e Xi’an. C’è un misto di paura e curiosità che mi attanaglia, o forse è semplicemente preveggenza dell’incontro che sto per fare, che cambierà la mia vita.

E’ un venerdì pomeriggio, e sono nel ristorante dell’Harbour Plaza di Chongqing, davanti a me lo chef francese, un tizio che a tempo perso si occupa di fare la spia per l’autorità europea dei marchi denunciando i falsari. Sì, perché qui in Sichuan falsificano tutto, se possono. Tipo che a confronto i Pechinesi sono i difensori mondiali del copyright. Lo chef è eccezionalmente arrogante, sarà che è francese, sarà che è chef, sarà che di cognome fa Dieu che non spinge ad essere umili. Mi chiede che penso di fare per il fine settimana, gli rispondo che pensavo di stare qui a Chongqing, magari provare la vita notturna, vista la quantità impossibile di bellezze che si incrociano per strada. La sua risposta è categorica, un po’ come tutte le sue sentenze:

“Ho vissuto tanti anni a Chengdu: mia moglie è di Chengdu. Vai lì: la città è bella, il clima è migliore, il cibo è più saporito e le ragazze sono più dolci e belle”.

Accetto con umiltà il consiglio di un veterano, e il giorno dopo salgo la scaletta di un piccolo velivolo che, di lì a un’ora, mi porterà nella capitale del Sichuan. Dal taxi la città sembra senz’altro carina: verde, relativamente pulita e senza grossi grattacieli; qua e là spunta qualche tempio o pagoda. E’ quasi il tramonto quando arrivo in albergo, e solo allora mi ricordo di una cosa fondamentale. Tingting.

Tingting, la mia amica di Shanghai che viene da Chengdu. Le telefono: “Ciao Tingting, sono a Chengdu! Non è che conosci qualcuno che mi possa portare in giro a vedere qualcosa? Che so: ristoranti, bar, templi… va bene qualunque cosa, ho la domenica libera”.

Tingting si prende una mezz’oretta per organizzarsi e poi mi richiama, passandomi un numero di telefono, quello di una sua cara amica, compagna di liceo, e un nome. Chiamo il numero, voce di donna che parla un buon inglese:

“I am sorry, I hadn’t time to prepare, I have a dinner with some colleagues tonight. But we may meet later, so I can show you a around a little bit”.

“Non sono fortunato” penso. Ceno solo al ristorante dell’Holiday Inn, e poi mi siedo in attesa su una delle poltrone della hall. Davanti a me passa una serie di strani personaggi in abiti di dubbio gusto, invitati a un’esclusivissima festa organizzata da Vogue China. “Non sono fortunato” penso ancora, quando quindici minuti dopo l’appuntamento il mio contatto non si è ancora presentato, e io comincio a sbadigliare.

E poi, entra una ragazza. Arriva al centro della hall, si guarda attorno, estrae un cellulare. E il mio squilla.

E’ così che faccio la conoscenza di Dandan.

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