2007-12-15

Vecchi in strada

Secondo la cultura confuciana, la relazione più importante tra gli uomini è quella tra genitore e figlio, e l’anzianità è un criterio generale che misura la dignità di cose e persone. Ne viene da sé che in Cina gli anziani sono sempre stati venerati, e ancora oggi, in barba alla Rivoluzione e alla civiltà socialista, i vecchi comandano a bacchetta e i giovani subiscono. Al di là delle molte implicazioni sociali di questa caratteristica, la prima cosa che uno straniero nota è proprio la quantità di anziani che passeggiano per strada e in generale se la spassano. Non come da noi che sono chiusi in casa e attaccati alla TV, e hanno paura ad andare a ritirare la posta – qua i vecchi escono, fanno amicizia, viaggiano, giocano, formano club, intrecciano anche relazioni amorose, con una vtalità che da noi sarebbe impensabile per settantenni e ottantenni.

Gli attrezzi pubblici sono il segnale più lampante: li si vede un po’ dappertutto, sia nei compound più fichi che negli hutong più stretti, in qualche angolo ci sono questi attrezzi gialli e blu. Le prime volte che li vedevo pensavo che fossero per gli sportivi, ma poi mi sono accorto che ci vanno solo i pensionati: all’alba e alla sera sono lì, in gruppi, che chiacchierano e fanno stretching, qualcuno pratica il qigong, se avete la pazienza di svegliarvi all’alba vedrete gruppi che ballano o che fanno taijichuang, alcuni con tanto di spade. Attivissimi, si può dire che in questi orari strambi, quando la gente come noi dorme o guarda la TV o il DVD, loro diventano i padroni della città, e guai a disturbarli, son subito pronti a fare gruppo davanti a un giovinastro che invade il loro territorio. “Gli attezzi sono per gli anziani, mica per i giovani, smamma” oppure “Le sigarette vai a fumarle a casa tua, mascalzone, che il parco è nostro”. Bullissimi.

Un luogo di ritrovo meno facile da individuare sono i club di majiang, comunissimi anche quelli, e anche quelli gratuiti offerti dal comune o anche dal management di un palazzo. Da me ce n’è uno, di cui pago la manutenzione con le spese condominiali, dove gli anziani si trovano ogni sera al suono caratteristico delle tesserine di quel gioco strano che solo i cinesi sanno giocare, e al cui tavolo si concordano affari, matrimoni, decisioni politiche. Non è raro, specialmente d’estate, trovare gruppi di settantenni che alle cinque del mattino sono ancora al tavolo, con una tazza di té, qualcuno con la sigaretta, e giocano come forsennati, puntando biglietti da 1 kuai alla volta. Non si gioca solo a majiang, in questi posti: ci sono anche gli scacchi e le carte, l’importante è far passare il tempo e vedersi con gli amici. Ai giovani chiaramente non è concesso di entrare, guai a mettere un piede dentro per sbaglio. “Fuori, questo posto è riservato agli anziani, non ti vergogni di abusare così dei vecchi? Delinquente!”

Negli hutong più sgarruppati non ci sono le sale da majiang, così la gente in estate si piazza banalmente per strada: un tavolino da campeggio e qualche sgabello, a volte un divano – con i cucini che vengono portati dentro e fuori a seconda dell’orario e del tempo, mentre il divano è fisso tutto l’anno nel vicolo.

I pensionati più intraprendenti fondano associazioni e club, con attività quantomai varie, tipo “Rappresentazione dell’Opera di Pechino” piuttosto che “Studio della musica tradizionale”. Altri si dedicano all’addestramento di animali – cani e uccelli per lo più – a cui dedicano la maggior parte del loro tempo, e che tengono lindi e disciplinatissimi, manco fossero nipoti.

Come si possono permettere uno stile di vita del genere? Quasi tutti hanno pensioni misere, ma sono mantenuti dai figli che non osano fiatare: la nonna ordina, il figlio paga. Ma non è che la loro vita abbia costi così alti. E allora perché da noi i vecchi son tutti isterici e chiusi in casa, e se si ritrovano a chiacchierare una volta la settimana è dopo la messa, in piedi sui gradini della chiesa?

Non lo so, ma la cosa mi fa pensare. Forse se ci fossero più posti di ritrovo per gli anziani, se il governo onorasse i pensionati in modo più esplicito, anche da noi si vedrebbero settantenni che ballano al parco e ottantenni che si toccano le punte dei piedi in cortile, non più soli e abbandonati, non più inutili come si sentono troppo spesso, e avremmo risolto un bel problema della nostra società.

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