I pechinesi hanno una particolare predilezione per gli animali, ma non come quella dei cantonesi, che gli animali li cucinano: ai pechinesi piace tenerli in casa, come compagni. E’ una tradizione antichissima, su cui sono stati scritti anche dei libri – su come meglio allevare e selezionare le varie bestiole da compagnia.
I pesci sono scontati – praticamente tutti hanno i pesci rossi, ma qui non sono semplici come da noi: ci sono diverse razze di pesci rossi che variano per dimensioni e forma, e i più ricercati sono grossi quanto un pugno, tondi tondi, con gli occhi sporgenti e delle lughe pinne. Un po’ simili ai leoni o ai draghi cinesi se volete, corrispondono perfettamente ai canoni estetici locali, che noi definiremmo “sproporzionati”. Poi ci sono vari altri pesci bianchi, neri, colorati, sempre selezionati per gli occhi enormi e bulbosi e le lunghe pinne simili a strascichi. Wang Li per esempio ha un acquario professionale lungo un metro con dentro almeno una trentina di pesciolini, che ciba scientificamente per averli più sani e colorati.
Poi ci sono i cani, i pechinesi appunto, quelle strane bestiole grassocce, sgraziate, con il muso piatto e le orecchie pendule. Per l’appunto, agli occhi dei cinesi meravigliosi. Il cane pechinese più famoso era Peonia, il cucciolo dell’Imperatrice Vedova Ci Xi che la seguiva ovunque, e cui veniva tributato lo stesso onore che alla padrona dagli eunuchi di palazzo. Ci sono varie classificazioni dei pechinesi che variano per lo più a seconda del colore – bianco puro, chiazzato, bianco con le zampe e le orecchie brune, ecc. Recentemente la moda ha fatto anche apparire gran quantità di volpini, abbondantemente cotonati in modo da divenire tremanti palle di pelo con un musetto che spunta, e chihuahua, grossi come ratti, ma sempre con queste orecchie puntute e gli occhi sporgenti. Adorati dai loro padroni, in inverno tutti hanno il loro cappottino in tela cerata contro il vento, appena cacano subito il padrone è pronto a raccogliere il tutto con il sacchetto di plastica, e mai che li si veda sporchi o arruffati: non avete idea del tempo che viene speso per lavarli e pettinarli.
I gatti riscuotono indubbiamente meno successo, sarà per l’eleganza, anche se in media i gatti di Pechino sono grossi una volta e mezza quelli italiani, col pelo lungo e arruffato e stra-aggressivi. Non si possono considerare al livello degli altri animali, ovvero non c’è una vera tradizione dell’allevamento dei gatti, sono più animali che si tengono per cacciare i topi che per compagnia e piacere. C’è chi li tiene negli hutong, in modo che vaghino liberi, e chi li tiene in appartamenti, nascosti agli occhi del mondo.
Decisamente più tradizionali e tipicamente cinesi sono invece i grilli. Si comprano d’estate, e li si tiene tutto l’inverno in casa, per godere del loro canto. Sono grossi grossi, costano poco e si trovano in piccole gabbie tonde di paglia intrecciata, ma chi ci tiene prende loro apposite e costosissime gabbie ricavate da zucche cave o legno pregiato, e in taluni casi anche osso; ce n’è di intarsiate e bellissime, veri pezzi d’arte. Il bello dei grilli è che uno li può portare con sé, tenendoli in tasca o dentro la giacca, e poi li può far combattere. Il combattimento dei grilli è un divertimento antico e ancora oggi onorato, c’è gente che ci esce di testa, e spende tutto il suo tempo ad allevare e addestrare grilli per la lotta.
Infine gli uccelli, di ogni varietà. I più comuni sono simili ai canarini, solo di colori diversi: anche qui sulle gabbie ci si sbizzarrisce, e ce n’è di veramente belle e preziose. Soprattutto i vecchi amano gli uccelli, e la mattina o al tramonto li si vede camminare con le loro gabbie (c’è chi ne ha fino a quattro) in mano, coperte con una tela blu in modo da non innervosire la bestia. Si dice che il movimento della gabbia stimoli le gambe dell’uccello, rafforzandole, e al tempo stesso tenga in esercizio i polsi del vecchio. I pensionati si trovano al parco, o nell’hutong, o in qualunque angolo della città, attaccano la gabbia a un ramo, un tubo, una partica, rimuovono la tela blu e si godono il concerto. Quelli più bravi tengono i piccioni: il bello dei piccioni è che, anche se non cantano, volano in stormo e si possono addestrare. Si attacca una specie di fischietto alle zampe dei più svegli, così gli altri li seguono, e tante volte li si sente da lontano, come un rombo, e i si vede volare in cerchio attorno alla piccionaia. C’è gente che fa le gare con i piccioni viaggiatori, per vedere chi ha i più veloci e intelligenti, quelli che per primi raggiungono un certo luogo a decine di chilometri di distanza e tornano indietro. E poi ci sono i fenomeni con le rondini ammaestrate – la rondine è l’uccello simbolo di Pechino: li si vede con dei bastoni a cui è legato il volatile. Il vecchio lancia in aria briciole o semi, ed ecco che la rondine spicca il volo, afferra il cibo, tora sul trespolo e ingoia; fenomenali.
I pechinesi hanno davvero un amore particolare per gli animali domestici, e ovunque a Pechino si può ammirare la convivenza non utilitaria dell’uomo con la bestia. Eppure, eppure... non può essere così semplice e lineare in Cina, ci deve essere un eppure...
Eppure col tempo ci si accorge che l’amore dei pechinesi per le loro bestie è un amore da dominatori. L’animale è un gioco e al tempo stesso un modo per farsi vedere, motivo di vanto. I pechinesi non sono schiavi dei loro animali, ma tengono bene a mente la gerarchia, così importante per tutti i cinesi. Il padrone ordina, l’animale esegue come gli è stato insegnato: se fa bene è premiato, se no viene punito. Animali grassi e viziati non se ne vede, gli uccelli che non cantano hanno vita breve, e nessuno vuole un cane vecchio e spelacchiato.
Basta pensare al destino di Peonia, per capire la natura dell’amore dei cinesi per i loro animali. Morta la sua padrona, l’Imperatrice Vedova, pare che anche Peonia si sia intristito e sia morto di lì a pochi giorni, fedele fino alla fine alla vecchia che rovinò la dinastia Qing. Ma i pechinesi raccontano che fu il capo eunuco a fare uno scambio di cani, che quello morto non era l’originale, e che il buon Peonia fu invece venduto sottobanco, per una somma ingente, a un facoltoso mandarino che voleva pavoneggiarsi nell’avere il cane appartenuto all’Imperatrice.
Non so cosa sia meglio, il cane-schiavo che c’è qui, o il cane-imperatore al cui servizio è tutta la famiglia, in Occidente. Francamente devo ammettere di odiare l’idea di avere un animale in casa, che dipende da me per sopravvivere, che non è libero di uscire né del resto autosufficiente per sopravvivere alla libertà. I gatti son felice di sentirli miagolar la notte sui tetti, i grilli cantare tra le fronde, le rondini volare libere nel cielo a primavera, e i cani... be’ quelli che li tenga chi abita in campagna, o al massimo chi ha il cortile per lasciarli correre e saltare. A ognuno il suo, immagino, e in casa mia... solo umani!
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