2007-03-11

Salto nel vuoto

Volendo catalogare le ragazze cinesi sulla base del loro atteggiamento verso il maschio straniero si possono individuare due categorie principali: la Cinese manipolatrice e la Cinese ostile.
Alla prima categoria appartengono le ragazze che avevo conosciuto tanto tempo fa al Poachers, e di cui sono pieni i bar di Pechino, di Shanghai, e di tantissime altre città. Quello che cercano è talvolta il denaro, talvolta il matrimonio che porti denaro, un passaporto straniero e il diritto di procreare a volontà in barba alla politica del figlio unico.
Alla seconda categoria appartengono le ragazze cosiddette “tradizionali”, in cui secoli di pregiudizi sciovinisti e odio verso gli invasori hanno inculcato nella mente che lo straniero è una bestia inconciliabile con l’essere umano cinese, e che non è possibile instaurare alcun rapporto profondo con i laowai a causa della loro natura impulsiva, viziosa e barbara. E anche con questa categoria ho avuto i miei trascorsi più o meno turbolenti.
Viene da sé che pur non volendo generalizzare, sulle ragazze cinesi ero decisamente scettico, e l’ultima cosa che mi sarebbe venuta in mente era quella di cominciare una relazione con una di loro.

Poi una sera di maggio ho conosciuto Dandan, e anche se non è successo nulla tra noi e ci siamo salutati da amici sapendo che probabilmente non ci si sarebbe più visti, e magari neanche sentiti, sono due settimane che ci sentimo ogni giorno. Via messaggio, via messenger, via telefono, e più passa il tempo più lontana si fa l’idea che non ci si vedrà mai più. Mi piace, altroché, con i miei amici parlo quasi solo di lei, e sembra che la cosa sia ricambiata, nonostante una relazione interculturale a due ore di aereo di distanza non offra i migliori presupposti per qualcosa di stabile e sano.
Ma tant’è. Dandan non è né manipolatrice né ostile. Una ragazza semplice, per certi versi tradizionale, ma che parla inglese e ha studiato all’estero.

E’ in queste situazioni che la radicalità in me, che sono in generale calmo ed equilibrato, salta fuori con prepotenza. La parte Kali della mia anima, chiamiamola, quella che si butta nelle cose senza pensarci, quella che pone le scelte di tutto-o-niente, quella che in fondo mi rende una persona coerente con me stessa davanti ai problemi, me li fa affrontare in modo diretto e definitivo, senza esitazioni, senza compromessi. Il risultato è la prenotazione di un biglietto aereo per Chengdu. Così, per passare il weekend lì. Se va va, se non va non va, e ci leviamo il pensiero. Dandan è entusiasta. E speriamo che vada.
E così il venerdì sera sono a Chengdu per l’ora di cena. Barando spudoratamente con i collegi cinesi e inventandomi appuntamenti improbabili per uscir prima dal lavoro. Lei mi viene a prendere all’aeroporto e, dopo un pasto in un ristorante occidentale, ci troviamo a passaggiare su uno dei grandi viali di Chengdu, sotto alberi ombrosi, con l’odore di pepe verde che permea l’aria e le luci dela città fioche e discrete.
Lei mi piace da morire. Io le piaccio, lo so. E allora perché non accade nulla, non c’è contatto fisico, non si scatena la passione? Tutte le mie esperienze passate, a cominciare da quella con Jingyi, mi scorrono nella memoria, ma senza offrire soluzione. E come al solito, parto diretto, se pur gentile.
“Cosa c’è che non va?” le chiedo.
E’ dibattuta, lei, ma sincera e inaspettatamente diretta. Non mi spiega, semplicemente mi espone un fatto. Io le piaccio e vorrebbe stare con me, lei mi piace e vorrei stare con lei, lei vive a Chengdu, io vivo a Pechino. Lineare.
Sono preso alla sprovvista da tale semplicità e chiarezza di pensiero e comunicazione, non c’ero più abituato a furia di stare in Cina, né del resto anche in Italia il gentil sesso non mi aveva abituato bene. E’ allora che la parte Kali della mia anima salta ancora fuori, quando meno son preparato a controllarla, e prende il sopravvento. Non so quello che dico, non so perché lo dico, in quel momento semplicemente le parole escono dalla mia bocca e il mio cuore non se ne stupisce per nulla.

“Vieni a vivere a Pechino, allora”

Lei è sorpresa. Mi studia, sospettosa: l’idea è imprevista, ma più ci pensa meno le sembra folle. La guardo calmo, senza alcun cenno di esitazione: in qualche modo, sono anch’io perfettamente lineare.

E’ così che cambia il nostro destino. Con un invito a venire a vivere a Pechino, non per me, ma per sé stessa, perché Pechino è Pechino, è interessante, è bella, è ottima per una carriera. E poi si vedrà.

If we stand here together,
And we see the world as one,
We may think there's no future,
But it's the same for everyone.
It's like the world has lost its head
And it's like all the prophets said
But will we arise to a new world?

Così cantano i Kula Shaker dalle casse del mo computer portatile, quando il giorno seguente, dopo una notte di riflessioni su quello che ci siamo detti, chiudiamo gli occhi e ci baciamo.

Anche se apprentemente non c’è futuro, abbiamo deciso che non c’è ragione di aver paura, e ci buttiamo insieme, mano nella mano, in un tuffo nel vuoto. La mia mente mi grida che tutto ciò che sto facendo è assolutamente folle e irrazionale, ma il mio cuore non è mai stato così calmo e sereno.

E’ così che, senza nemmeno un sospiro, abbandono la mia esistenza da single in Cina, e inizio la mia storia con Dandan.

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