2009-11-29

Cieli Blu su Pechino... anche quelli falsi!

Quando il comitato Olimpico, all’inizio del decennio, assegnò a Pechino le Olimpiadi del 2008, si trattò chiaramente di una decisione politica. La Cina voleva dimostrare al mondo di essere parte di una comunità internazionale, e sfatare tutti i miti negativi relativi a un popolo cinese isolazionista e ostile verso gli stranieri. Le altre nazioni le concedevano volentieri l’opportunità in modo che si integrasse meglio nel sistema politico globale. Lodevole.

Solo che, all’indomani della decisione politica, i tecnici come al solito sollevarono obiezioni. I politici per natura vedono le opportunità delle cose, i tecnici ne vedono i limiti. La domanda che fece uno di questi tecnici fu: “Come si fa a pensare di organizzare l’evento sportivo più grosso del pianeta in uno dei suoi luoghi più inquinati?”. E un altro chiosò: “Come fa un atleta a sperare di superare un record, quando è svantaggiato dal respirare più ossido di carbonio che ossigeno?”. Al che qualcuno, probabilmente un politico, probabilmente cinese o amico dei cinesi disse “No worry, by 2008 everything will be under control!”

E così arriviamo al 2007. In questi anni Pechino è divenuta la città all’avanguardia per i progetti ecologici. Ci sono interi palazzi e fabbriche energeticamente autonomi e ad emissioni zero, ci sono parchi sterminati, ci sono alberi ovunque e la loro protezione non ha pari in nessun luogo del mondo. Contemporaneamente, tutte le strutture costruite prima del 2000 sono ancora alimentate a carbone, e nelle strade vengono immatricolate circa 1000 nuove vetture al giorno. Il comitato olimpico, forzato dalla politica ad essere misericordioso, ha concordato con la municipalità di Pechino che, nel 2007, la città dovrà mantenere un numero di giorni “a cielo blu” (“blue sky”) pari a 245.


E qui apriamo una parentesi tecnica: cosa si intende per “cielo blu”? Lo standard concordato è quello di un API (Air Pollution Index) inferiore a 100. L’API è un indice che misura la quantità nell’aria di 4 sostanze chimiche, più il PM10, ovvero le particelle di dimensione inferiore a 10 micron, note alla massa come “polveri sottili”. Il valore più alto tra queste 5 misurazioni diventa l’API. A Pechino il valore più alto, vuoi perché il clima è estremamente secco e ventoso, vuoi per la quantità di cantieri, caldaie a carbone e motori del periodo maoista, è sempre quello del PM10.


Per capire a cosa corrisponde uno standard di API 100 per 245 giorni in un anno, diremo che, in Europa, l’indice di base è quello di API 50 per 330 giorni l’anno. Se si sfora, viene dichiarata “emergenza”, e si passa a misure come le targhe alterne, la chiusura del centro delle città, la dichiarazione di illegalità di determinati impianti inquinanti, ecc. Questo per riflettere sulla relatività delle cose.


Siamo al 28 novembre 2007, e la città ha avuto 229 giorni “a cielo blu”. Tutti contenti, tutti a farsi i complimenti: “E’ stata dura, con questi standard così stringenti del comitato olimpico, ma alla fine ce l’abbiamo quasi fatta, con un po’ di fortuna raggiungeremo il limite di 245 giorni e potremmo persino superarlo! One world one dream!”. Così s’era festeggiato.


Senonché, a partire da metà dicembre, per cause ancora non spiegate, sopra Pechino si è formata una sorta di nube di smog di proporzioni apocalittiche, una via di mezzo tra la nuvola di Fantozzi e quella che nel film Ghostbusters anticipa il ritorno di Zool nel mondo; non c'è bisogno di specificare che tutto ciò non era minimamente sotto, o anche solo vicino, al limite di API 100. Il giorno di Natale, l’API era di 280; a Santo Stefano 269. Il 27 dicembre, signore e signori, l’API era a 421, un livello di PM10 più di 8 volte superiore alla soglia di emergenza europea, al punto che il Comune stesso ha emesso un bollettino del tipo ‘The aged and patients should stay indoors and avoid strength draining; the ordinary should avoid outdoor activities.’, che poi è un messaggio standard emesso quando l’API supera i 300. Il 28 dicembre, i misuratori dell’API si sono incantati, perché misurano solo fino a 500, poi s’impallano.


Per fortuna nel pomeriggio del 28 dicembre s’è alzato un gran vento, e il livello di PM10 si è normalizzato, cosicché a fine anno Pechino ha raggiunto, preciso preciso, il numero di 245 giorni di “cieli blu” sul totale. Fuochi d’artificio, tricchetracche e brindisi cordiali a baijiu. Anche il comitato olimpico ha fatto la scena di complimentarsi, con poca convinzione va detto, ma la scena l’ha fatta.


Solo che quello che né i media cinesi, ma nemmeno quelli olimpici, riferiscono è che le misurazioni non sono state proprio regolari. Qui ci viene in aiuto un grandissimo sito web, Beijing Air, che nota numerosissime stranezze, di cui la migliore è decisamente questa: a parte il fatto che il sistema cinese considera un API 100 come “al di sotto della soglia di allarme”, che fa partire da 101, si nota un’incidenza assolutamente anormale di risultati appena sotto il 101, e un’incidenza ridicolmente bassa per quelli immediatamente superiori a 100. Il grafico sarà d’aiuto:



Come si fa ad avere 21 giorni ad API 98, 11 giorni ad API 99, 9 giorni ad API 100 e poi... 1 giorno a 101, 2 giorni 102, 1 giorno a 103 e 104 rispettivamente, e così via... mmmmhhh... che qualcuno abbia fatto tornare i dati? Che le medie ponderate delle colonnine siano ponderate ad arte?Mah... forse non lo vogliamo sapere. Nel dubbio che qualcuno sollevi illegittimità sui sistemi di misurazione, dal 1° gennaio 2008 il Dipartimento di Protezione Ambientale di Pechino (BEPB) ha rilocalizzato le 27 colonnine in modo più razionale – ovvero ne ha tolte tre in pieno centro città e le ha spostate in aperta campagna. Geniale no?

Come dire, “One world, one dream!”. Continuiamo a sognare…

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