2007-07-09

Il Gruppo degli Hutong

Un giorno mi capita di leggere un annuncio su That’s Beijing che anticipa una conferenza sugli hutong e sull'importanza di proteggerli dalla distruzione. Interessato, mi presento, e trovo una delle stanze del Bookworm gremita di persone, con ospiti che arrivano a sedersi per terra. Non sono l’unico allora, ad amare la vecchia Pechino.

Un signore occidentale calvo, occhialuto e con i baffi, probabilmente uno storico o un sociologo a giudicare dalla sua originalità intellettuale, sta parlando della vita di una volta nelle strade della capitale. Quando cita nomi in cinese lo fa con un accento incredibile, fino a quando non spiega che, figlio di diplomatici, è cresciuto tra le strade di Pechino quando ancora non era capitale, negli utimi giorni della Repubblica di Cina! Non ho mai sentito nessuno straniero esprimersi con una tale erhua ringhiante. La sua descrizione è estremamente dettagliata e vivace, si sente che quelle scene le ha vissute, e il pubblico è incantato. Alcuni addirittura prendono appunti.

Quando termina di parlare, il microfono passa ad altre persone, un gruppetto di cinesi e stranieri di mezza età che si presentano. Piacere, noi siamo il CHP, il Cultural Heritage Protection Center, un’organizzazione non governativa che cerca di tutelare i beni culturali in Cina (http://www.bjchp.org/). Compito non facile, come tutti sanno. Come farà poi una ONG a sopravvivere in Cina, con lo scopo quasi ovvio di rompere le palle al governo sui suoi errori? Più tardi scoprirò che i fondatori sono proprio funzionari minori del governo, e che di fatto si avvalgono di volontari per svolgere meglio un lavoro sottofinanziato. Tutte i discorsi che fanno sono, ovviamente, iperdiplomatici: “Sappiamo quanto il governo si stia impegnando in questa lotta per la difesa della cultura, e noi su sua ispirazione vogliamo collaborare per una perfetta riuscita dei piani” e via su questa falsariga.

Nello specifico, il CHP sta lanciando un nuovo progetto di protezione del centro storico di Pechino, chiamato Friends of Old Beijing. “Recentemente il governo nazionale ha ammesso l’importanza di difendere i beni culturali contro lo sviluppo sregolato, e noi siamo qui per promuovere l’applicazione delle norme governative troppo spesso ignorate dai privati e dalle amministrazioni locali”.

Il signori del CHP dicono cose buone e giuste: spiegano perché è importante preservare le vestigia del passato, e spiegano in modo convincente il perché questo finora non si è fatto. Non solo, in un Paese dove ogni nuova dinastia al potere ha distrutto o snaturato quello che ha lasciato la dinastia precedente, non esiste una cultura della protezione, ma è anche vero che non esiste assolutamente un quadro normativo adatto. Le linee guida sono fumose e non vengono tradotte in leggi vincolanti, quando anche le leggi ci sono, non vengono conosciute da chi dovrebbe rispettarle e anche chi dovrebbe farle rispettare; anche in presenza di informazione, le regole non vengono spesso applicate a causa di corruzione o superficialità. E al di sopra di tutto questo, non esiste un’imposta sulla proprietà catastale. Che c’entra? Il CHP ve lo spiega.

Se in Europa casa tua sorge accanto a una cappella del XIV sec. il valore dell’immobile salirà alle stelle. Da questo non solo guadagni tu, che sei propretario, ma anche l’amministrazione locale che tassa il tuo valore catastale. Sviluppare aree residenziali ad alto valore e preservarle è una fonte di reddito enorme per un Comune. In Cina no, anche se una proprietà vale tanto, il governo locale non ne trae nulla. E quindi la cappella o il tempio del ‘400 lo si spiana per farci una fabbrica di stufe a carbone che genererà un reddito tassabile, che permetterà al governo di raggiungere gli obiettivi di sviluppo posti dal governo, e magari anche far finire una parte degli appalti in tasca ai responsabili urbanistici. Semplice no?

Soprattutto convincente. E’ così che entro in contatto con il CHP, e prima di andarmene, entusiasta, firmo la mia carta d’arruolamento: sarà un volontario per un progetto, che vedrà altri pazzi come me, stranieri e cinesi dai 18 ai 55 anni, sguinzagliati per il centro storico a censire i vari edifici che rispettino o meno il piano regolatore per la tutela dei beni culturali, e nel contempo ci aiuteremo a vicenda nel fare ricerca su quello che ancora rimane, nella vecchia capitale, da proteggere dalle ruspe assassine dei costruttori.

Nei mesi a venire, sono certo, ne vedremo delle belle.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Grazie delle informazioni. Sono un ricercatore italaino emigrato in Portogallo, ma da qualche tempo ho iniziato a lavorare con la cxCina (sono un urbanista, ma mi occupo di processi partecipativi). Se ti interessa c'e' un gruppo di giovani che si riunisce intorno a vari Hutong di Pechino. Il loro sito e' OLDBEIJING.NET. Li ho conosciuti attarversoi una rivista e ora sto scrivendo un pezzo per un libro inglese con loro (hanno una referente in Olanda)...
A presto e buone passioni!
Giovanni Allegreti

Anonimo ha detto...

Ho scordato il mio email:
giovanni.allegretti@ces.uc.pt

Scusa...