In Cina si sente spesso parlare di migranti: sono la classe sociale urbana più bassa. Riconoscere i migranti è facile, basta guardare la pelle, scura e mangiata dalle intemperie, basta guardare il corpo, muscoloso per il lavoro fisico e di dimensioni inferiori ai cittadini per questioni di cattiva alimentazione in età di sviluppo, basta guardare i vestiti, rimediati chissà dove chissà come, riparati alla bell’e meglio e coperti di polvere, la polvere che a Pechino copre tutto.
Ma pochi di fatto capiscono chi sono i migranti. I cittadini semplicemente stortano il naso e li evitano, gli stranieri dicono “poverini” e gli scattano una fotografia, o peggio gli regalano dei soldi offendendo la loro dignità.
I migranti vengono chiamati in cinese nongmingong (农民工). Nong significa agricoltura, min popolo, gong è il lavoro, principalmente manuale. Sono quindi i “braccianti del popolo contadino”. In questa parola c’è tutta la divisione campagna-città che lacera la Cina dai tempi di Deng Xiaoping ad oggi. Per parlare dei migranti bisogna capire che cos’è l’hukou.
Hukou (户口) non è altro che un’anagrafe locale. In tutto il mondo gli abitanti sono censiti, e i cinesi sono stati i primi popoli a censire la popolazione già migliaia d’anni fa. Ora, quando nel 1958 Mao Zedong lanciò il Grande Balzo in Avanti, e fece partire a pieno ritmo l’economia pianificata (tra il 1949 e il 1958, a dispetto delle credenze, l’economia era ancora in buona parte libera, se non privata collettivizzata, ma non certo gestita dallo Stato), si ritenne necessario di regolare, oltre ai flussi di capitale e di beni, anche quelli del lavoro, elemento fondamentale di ogni sistema economico e particolarmente caro alla teoria marxista. Regolare il lavoro significava stabilire in un Piano Quinquennale dove le persone avrebbero lavorato e vissuto, ed ecco quindi che le persone ottennero documenti che stabilivano la loro residenza e la loro azienda. Se avessero voluto emigrare e cambiare lavoro, avrebbero dovuto compilare dei moduli e attendere un’autorizzazione statale, in modo da trovare pronto, al loro arrivo, un nuovo lavoro, una nuova casa e tutti i documenti necessari a ricevere i servizi pubblici come sanità, scuola, ecc. La distinzione fondamentale del sistema di pianificazione dei flussi di lavoro era la distinzione tra campagna e città. Chi stava in città lavorava nelle danwei, nelle fabbriche, nelle aziende; chi stava in campagna lavorava nelle comuni. Allocare la forza lavoro tra agricoltura e industria era la principale funzione del sistema.
Il sistema degli hukou di fatto funzionò solo per 8 anni, perché con la Rivoluzione Culturale la popolazione fu incoraggiata a spostarsi per il Paese senza chiedere nulla a nessuno, i contadini come Guardie Rosse nelle città, e gli studenti a imparare dai contadini. Solo lentamente, e in certe aree del Paese, la legalità fu ristabilita; il Piano Quinquennale veniva sempre stilato, ma quasi mai rispettato, e ogni località pensava per sé, chi accogliendo i migranti, chi bastonandoli e rispendendoli indietro. Poi venne Deng Xiaoping, che si inventò l’economia di mercato socialista, affittò appezzamenti di terra alle famiglie contadine, liberalizzò il piccolo commercio, creò le Zone Economiche Speciali e rilanciò il settore privato riscattando il Paese dagli anni di privazioni derivati dal modello maoista. Progressivamente, il flusso di beni e capitali privati fu liberalizzato, ma quello del lavoro no. Perché no? Il modello di Deng Xiaoping era quello di una crescita ineguale, ovvero certe aree, perlopiù aree urbane della Cina orientale, si dovevano sviluppare in fretta, vedere la costruzione di strade, scuole, ponti, fogne, linee del telefono ecc., mentre altre, perlopiù aree rurali della Cina occidentale, dovevano finanziarle per il bene del Paese. Risultato, se in media tutti stavano meglio, gli abitanti di certe aree stavano molto meglio di altri, e questi altri non ci stavano ad essere svantaggiati. Inseguendo sogni di gloria, tantissimi contadini volevano trovare un lavoro in città e arricchirsi facilmente invece di spezzarsi la schiena e pagare con le proprie tasse le scuole ai figli dei ricchi.
Se ciò fosse stato permesso, nel giro di pochi anni le città cinesi sarebbero esplose sotto la pressone di un’immigrazione totalmente incontrollata, diventando esattamente come tante altre città dell’Asia e dell’Africa, ovvero centri economici avanzatissimi circondati da periferie poverissime dove la razza umana raggiunge i peggiori livelli di degrado. Pechino sembrerebbe Bangkok, Shanghai sembrerebbe Lagos, Canton sembrerebbe Calcutta. Deng Xiaoping, lungimirante com’era, decise quindi di mantenere il controllo sul flusso di persone, permettendo una crescita limitata delle città attorno al 5-10% l’anno, cifre che a noi sembrano enormi ma per un Paese in via di sviluppo sono piuttosto basse.
Ai tempi di Mao se uno non obbediva alle disposizioni del’hukou non aveva lavoro e veniva rispedito indietro, ma con l’economia rombante della Cina riformata chiunque può, di fatto, prendere un treno o un bus con la scusa di visitare i parenti lontani e poi trovar lavoro dov’è arrivato. Solo che, senza l’hukou regolare, questa persona non può accedere ad alcun servizio pubblico, dalle scuole alla sanità alle case popolari, e si riduce a un cittadino di serie B. Ecco, questi sono i migranti. E se per caso hanno a che fare con la giustizia, vengono rispediti indietro, ragion per cui non posso nemmeno rivolgersi alla polizia se subiscono soprusi dai propri datori di lavoro o da altri migranti.
Se poi non trovano lavoro, o lo perdono, vien da sé che a volte si diano ad attività illegali, spinti dalla necessità, e i cittadini guardano a loro come noi in Italia guardiamo agli immigrati irregolari, talvolta con benevolenza come si fa col filippino a cui dai una manciata d’euro per pulirti la casa quasi meravigliandoti che non rubi nulla quando viene, spesso con paura, come si fa col nero che incontri solo mentre torni a casa alle tre del mattino, o con ostilità, come si fa col maghrebino seduto a bordo strada e guarda tutti i passanti col fare torvo tipico dei musulmani e che dagli europei viene identificato con lo sguardo del malintenzionato.
Se una volta i controlli erano abbastanza stringenti, per questioni di ordine pubblico, ora i governi locali e la polizia chiudono un occhio in nome dello sviluppo economico. I migranti costano meno dei cittadini e aiutano lo sviluppo economico. Nel 2004, il Ministero dell’Agricoltura (e la competenza la dice tutta) stimava la popolazione di migranti attorno ai 100 milioni, e siamo su cifre conservative.
Oggi basta guardare fuori dalla finestra e li vedi: sono le ayi che vi lavano la biancheria e i pavimenti, sono i fuwuyuan che vi servono nelle bettole dove vi rintanate quando volete spendere poco per magiare, sono gli operai che costruiscono i grattacieli e le nuove linee della metropolitana, sono gli omini col banchetto ambulante degli spiedini fritti o delle patate arrosto o delle sigarette che incontrate alle tre del mattino quando rientrate a casa da Sanlitun, sono quelli con i tricicli o i miandi carichi all’inverosimile di roba, e sono quelli che vi vengono a chiedere la bottiglia di plastica dell’acqua quando state bevendo, e non vogliono l’acqua, ma la bottiglia che per loro vale qualche fen alla centrale del riciclo. Sono la manodopera priva di diritti su cui questo Paese sta fondando il proprio modello di sviluppo, un modello apparentemente vincente perché funziona ed è stabile, e permette anche ai migranti di arricchirsi, e fare una vita migliore di quella che farebbero a casa loro in campagna.
Ma c’è qualcosa di oscuro che mi spaventa, mi mette a disagio. I contadini sono troppi, e se 100 milioni sono già da noi in città, felici di lavorare come animali per avere una vita migliore, che razza di esistenza conducono gli altri 700 milioni là fuori? La Cina che conosco e che amo è un’isola felice abitata da una minoranza della popolazione... e il resto? Cosa c’è oltre il Sesto Anello, oltre le fabbriche della città?
4 commenti:
Ciao, sono Gabriele-Chen Ying (www.chen-ying.net), sfrutto i commenti del tuo blog per chiederti il contatto email. Ho un progetto da proporti. Se lo desideri, puoi contattarmi scrivendomi all'indirizzo del mio sito,
grazie,
Gab
Ciao! Ti sto scrivendo da Kunming e ti scrivo per chiederti se hai acquistato il tuo spazio blog per poterlo leggere in Cina. tutti i blog con dominio blogspot, wordpress splinder etc. come sai non sono visibili in Cina, ma ho notato che gli stessi blog quando hanno un indirizzo web senza il dominio del blog sono visibili come il tuo. posso chiederti come hai fatto? ti lascio il mio indirizzo e-mail e ti ringrazio in anticipo se avrai la pazienza di rispondermi!sabixibi@hotmail.com
简单而甜蜜。我想开始另一个博客或五不一会儿,我肯定会考虑这一主题。陪他们来了!
这是一个不错的文章阅读,谢谢分享你。
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