2008-04-13

Coreani

Che fine avrà fatto Dom? Me lo chiedo qualche mese dopo che non lo vedo più. Ammetto che non l’ho chiamato per un bel po’, era diventato troppo strano, troppo paranoico, ma poi col tempo mi convinco che, se non è morto, probabilmente si è ripreso. E lo chiamo.

Dom è un bel po’ contento di sentirmi e si decide di vedersi. Mi fa piacere sapere che ha ritrovato l’allegria, e finalmente lo incontro un sabato sera nella sua nuova casa, un duplex fantastico in zona Wangjing che gli affittano dei non meglio precisati “amici”. L’appartamento è molto spoglio, ma si intuisce facilmente il potenziale perché diventi confortevole. Oltre a noi c’è Paul, un venticinquenne coreano cresciuto in Germania, che è a Pechino per uno stage in una clinica di chirurgia plastica coreana.

Ma non mettiamo troppa carne al fuoco: cominciamo dalla storia di Dom, che mi racconta mentre mangiamo del pollo al curry cucinato in un forno elettrico, e beviamo birra Yanjing. Dom qualche settimana dopo l’ultima volta che l’ho visto ha continuato a studare per l’HSK, che non ha ancora dato, ma la sua paranoia ha raggiunto un livello tale da essere preoccupante anche per lui stesso. Tutti parlavano alle sue spalle, tutti lo guardavano in modo strano... finché non è venuto a scoprire che un suo compagno di corso, dopo una discussione politica, aveva messo in giro la voce che Dom fosse un attivista di estrema sinistra, un’accusa piuttosto infamante che ha reso tutti i membri del corso, e specalmente gli asiatici, molto cauti nel parlare con lui. Tutte le sue frequentazioni erano di fatto convinte che Dom fosse in Cina per tutt’altri motivi che studiare cinese, e certamente non volevano avere per nulla a che fare con questi motivi. Quando l’ha scoperto, Dom ha semplicemente lasciato la scuola e l’appartamento e si è trasferito da Wudaokou al quartiere di Wangjing, in questo nuovo appartamento dove vive da solo.

Ma perché Wangjing, quartiere di periferia ancora in costruzione, fatto solo di grandi strade e palazzoni? Visto che la sua paranoia nasceva principalmente da frequentazioni coreane, trasferirsi nel quartiere coreano di Pechino, dove praticamente tutte le pubblicità e le insegne dei negozi sono in doppia lingua, non mi sembra la più felice delle scelte. Con innocenza Dom mi spiega che le scuole coreane sono le uniche, a Pechino, che permettono di studiare cinese a prezzi estremamente economici e in un’ambiente comunque asiatico e molto orientato al risultato. Sarà, io ne sono poco convinto e facendo domande vengo a scoprire che il ragazzo è ancora perdutamente innamorato della sua bella coreana di Wudaokou, con cui ancora però non riesce a parlare, schermata com’è lei dal suo ambiente conservatore e bigotto.

Vivendo a Wangjing e uscendo solo per fare la spesa, Dom in qualche modo conosce Paul. Ora, i coreani sono un popolo famoso per la chirurgia plastica: in Corea del Sud se non ti sei rifatto non sei nessuno. Tutte le star della televisione sono completamente scolpite dal bisturi, dei manichini dai tratti perfetti e dal sorriso di gomma, tutti uguali, tutti fintissimi. Paul frequenta coreani, parla coreano, torna in Corea ogni anno a visitare i nonni, ma è tedesco dentro, e vive la sua coreanità con un’insofferenza che è divertentissima. Dopo il pollo decidiamo di muoverci verso Wudaokou, e finiamo in un bar per coreani. Com’è un bar per coreani? Anzitutto è rozzo e lercio, non quanto un bar per cinesi, ma quasi. I coreani, praticamente tutti studenti vestiti alla moda pop giapponese, bevono shoju, il loro liquore nazionale distillato dalla patata, e sono tutti fottutamente ubriachi. Quando entriamo ci guardano male perché io e Dom siamo gli unici stranieri, non ci sono nemmeno cinesi. Dom sembra esserci abituato, mantiene il suo sorriso, si siede e ordina shoju. Paul è schifato: “Man… shoju sucks! What’s the matter with you, what about a beer?!?”. Ma Dom è adamantino, siamo in un bar coreano e dobbiamo bere coreano, e comunque ci tiene a farmi provare lo shoju, e io obbedisco... be’, ragazzi, voi non provatelo mai, se c’è un liquore che riesce a essere peggiore della baijiu andata a male, sappiate che quello è proprio lo shoju. Non so chi abbia avuto l’idea malsana di distillare alcol dalle patate, ma certo una cultura che ne ha fatto il liquore nazionale non merita d’essere classificata civile. Io e Paul ci guardiamo e ordiniamo birra Qingdao. Paul descrive la vita di un teenager coreano vista dagli occhi di un europeo, ovvero un esercizio di conformismo totalitario forzato da una peer pressure folle, tutte le sere a far gare a chi beve più shoju e poi collassare nella propria gloria. “Guarda quel tizio” dice indicando con la testa “stasera lo porteranno a casa a braccia”. Un ragazzotto coi capelli gialli paglia ciondola, beve ancora e poi collassa sul tavolo e i suoi amici, tutti vestiti e pettnato allo stesso stile, battono le mani ridendo dei loro sorrisi ubriachi. Se la libera e democratica Corea del Sud è così, non mi stupisce immaginare perché quella del Nord sia considerata uno dei peggiori totalitarismi della Storia; a quanto pare, questo atteggiamento di uniformazione delle masse e asservimento alle aspettative degli altri è insito nella cultura coreana. I giapponesi, che pure sono simili, sono comunque troppo aggressivi per accettare un simile sistema; e i cinesi troppo anarchici e imprecisi per mantenerlo in vita. Grazie al cielo la Corea è un paese piccolo, penso.

Ci spostiamo al Zub, una discoteca luridissima in un basement strapieno di studenti d’ogni razza e colore, uno di quei posti bui da incubo kubrikiano dove, se scoppiasse un’incendio, nessuno si salverebbe. Qui, caso vuole, incontriamo Valeria, la ragazza vegetariana conosciuta al party yoga in cui ci incontrammo io e Dom, e delle sue amiche. Dom si lancia in pista con uno spirito ben più giovanile di me e Paul, che invece ci limitiamo a chiacchierare e mantenere un aspetto fondamentalmente cool in un luogo pieno di gente scalmanata e totalmente succube dei propri ormoni. La musica succhia, DJ Wordy è troppo “wordy”, se stesse zitto e lasciasse suonare i suoi CD sarebbe molto più simpatico. E invece alza la mano, salta e grida “DJ Wordy in da house!!!” e vari “Yo!” fini a sé stessi. Ben, direi che è quasi ora di salutare.

Torno a casa in taxi, oltre 40 kuai che mi fanno ricordare quanto remoto è Wudaokou e perché non ci vado più spesso. Strana, strana gente si continua ad incontrare, ma non posso fare a meno di sorridere se penso a Dom, recuperatosi dalla paranoia, ma che tenta disperatamente di diventare coreano, e al giovane Paul che, tedesco con gli occhi a mandorla, coreano non vuole proprio essere e mugugna contro la peer pressure di un popolo a cui non sente di appartenere mentalmente. Viva la diversità signori, abbasso quelli che nascono con dei valori imposti dai loro simili, e viva quelli che i valori se li scelgono, a scorno totale delle apparenze. Chi l'ha detto che chi ha la faccia da coreano è coreano, e chi ha i capeli biondi e gli occhi azzurri non lo è?!? Viva le persone che pensano in modo diverso e che nel mondo faranno la differenza tra un’idea conformista e noiosa e una che vale la pena almeno di ascoltare. Son contento di incontrare gente così, anche se per farlo ogni tanto tocca andare fino a Wangjing o a Wudaokou.

2 commenti:

Massaccesi Daniele ha detto...

Ehy ehy ehy! Giu' le mani dal soju! Ha il colore dell'acqua e non sa di nulla, al terzo bicchiere canti l'inno nazionale coreano... in coreano! Capisco che non vi piaccia la baijiu, ma non scherziamo col soju! Sto anche lavorando su una coreana mia compagna di classe, mi sembra una cinese vestita da giapponese con una morale confuciana che neanche Confucio in persona... ma sono duro a perdere, ti faro' sapere.
Per la cena ci sto, fatemi sapere.
Evviva il soju!
Daniele

Unknown ha detto...

hmm, se non sbaglio, mi pare che anche la vodka sia un distillato di patate. ma la patata russa è sicuramente molto più kartoffel di una patata koreana, anche se le koreane a loro volta si distinguono notevolmente dalla media asiatica.

hanno tutte la schiena storta però le amiche koreane... a tavola si siedono con le gambe di lato (ci si siede in terra...) per cui..

ma a parte questo... gabri, ste storie sono sempre impossible e grandiose. io mi sono stufato di conoscere gente assurda, tipo l'ecuadoregno che studiava cinese, mio vicino di casa, che ha fatto a botte con l'altro vicino, americano. lo yankee gli aveva dato del portoricano. lui di suo chiamava i suoi genitori alle cinque del mattino per motivi di fuso orario, e per vendetta, urlando come un pazzo. fortuna che intorno a me ho solo uffici.

qui si perde il senso della realtà, hahaha. ciau