Il Natale è una festa cristiana, e in Cina la data del 25 dicembre o quella del solstizio invernale non sono mai state associata ad una celebrazione specifica. Ma il capitalismo globalizzante è una forza che cambia il mondo, e così anche nel Paese di Mezzo il Natale è diventato un’ottima occasione per acquistare cose inutili, fare festa e ricoprire un po’ qualunque cosa (persone incluse) con lucette colorate intermittenti che tanto piacciono agli abitanti di questa nazione.
Il Natale in Cina assume le sembianze di quello americano stereotipato, naturalmente. Nessuna immagine di angeli o Gesù bambini, niente presepi, assolutamente nessun simbolo cristiano. Si vedono invece un sacco di panzoni barbuti vestiti con i colori della Coca Cola, molti di essi automi a grandezza naturale che ballano meccanicamente e che, di tanto in tanto, ridono col vocione o illuminano gli occhi di luci brillanti. Insieme ai suddetti panzoni, gran copia di slitte e renne. “Merry Christmas” è scritto un po’ ovunque, e praticamente tutti i ristoranti – occidentali, cinesi, ma anche tailandesi o tibetani – mettono su un CD di jingle natalizi irritantissimi, ovviamente a palla e in loop perenne.
Il Natale in Cina è più un’occasione commerciale che una festa sentita, e il massimo impatto sulla vita di un cinese è quello di una serata fuori con gli amici a festeggiare, ballando in discoteca e ubriacandosi la sera della vigilia, per poi forse pentirsene il giorno successivo, che il più delle volte è lavorativo.
In nessun posto al mondo, tuttavia, il Natale assume connotati più peculiari che a Chengdu. I chengdunesi adorano il Natale, per loro non è una semplice operazione commerciale, ma un’occasione di puro divertimento a lungo attesa per tutto l’anno. La sera della vigilia, i chengdunesi escono dall’ufficio e vanno a mangiare con gli amici in un ristorante di piccantissimo hot pot, quindi si riversano in Piazza Tianfu e nelle vie principali del centro, dove migliaia di venditori ambulanti sono già attrezzati con decine di migliaia di mazze in plastica piene d’aria (tipo palloncino, ma con la scorza più dura per resistere agli urti). Tali mazze possono assumere la forma di grossi martelli fluorescenti, magari con qualche pupazzetto della Disney sopra, piuttosto che mazze da baseball a stelle e strisce e fuori misura.
Quando il centro comincia a essere pieno come la metropolitana nelle ore di punta, e respirare diventa complicato, cominciano le mazzate. Prima se le danno gli amici tra di loro, poi si tirano in mezzo sconosciuti, finché il tutto si trasforma in una battaglia violentissima e, per i chengdunesi, divertentissima. C’è che si difende, c’è chi fugge, c’è chi picchia più e più forte, c’è che semplicemente porta le bombolette di schiuma e via in faccia ai passanti, c’è chi si fa sfuggire la situazione sfugge di mano, martella la persona sbagliata e la rissa diventa reale.
Quest’anno 2.000 poliziotti sono stati mobilitati per controllare la situazione, con effetto pressoché nullo, considerata la pigrizia media della polizia cinese. Il sindaco ha fatto un appello televisivo per chiedere ai cittadini di astenersi dal rito, peraltro pare iniziato da un gruppo di studenti cinesi nel 1998; anche questo non è servito a nulla. La notte della viglia, come sempre, i cittadini di Chengdu si sono riversati sotto la grande statua marmorea del Grande Timoniere per prendersi vicendevolmente a botte, con gran risate generali. Come al solito, quelli che non sono finiti in ospedale o alla stazione di polizia più vicina, sono andati al karaoke a bere e cantare.
E così è passato un altro Natale chengdunese. Non è che Dandan non trovi la tradizione della sua città completamente idiota, ma di fatto nella sua esperienza la nozione di Natale era quantomeno incompleta, e non l’aveva minimamente preparata al Natale che avremmo invece celebrato insieme a Pechino.
Nessun commento:
Posta un commento