In media va detto che i cinesi sono un popolo estremamente gentile, e soprattutto con gli stranieri tendono a essere protettivi e collaborativi, sarà per il senso di orgoglio e supposta superiorità culturale, sarà perché educati così dal Partito. Sta di fatto che in più di una situazione critica degli sconosciuti mi hanno tirato fuori dai guai senza nemmeno voler essere ringraziati, vedi ad esempio l’eroico Uomo di Pechino della porta accanto.
Qualche giorno dopo l’avventura del Drago-calorifero che mi stava allagando la casa, conosco la moglie dell’Uomo di Pechino, la Donna di Pechino, stessa stazza del marito, un metro e sessanta per centodieci chili. Gentilissima, decide che deve insegnarmi il cinese, e mi invita più volte a casa sua a prendere il té. Poi, per una ragione o per l’altra, non ho mai il tempo di andarci, ma apprezzo il pensiero. Ogni volta che la incrocio sul pianerottolo, mi attacca un bottone senza fine, raccontandomi la rava e la fava di pettegolezzi che assolutamente non comprendo, ma per gentilezza sorrido e annuisco, cercando di raggiungere passo passo la porta di casa. Altre voltre viene direttamente a bussare alla mia porta, e mi invita a cena da lei, oppure mi porta le frittelle o i baozi.
Ne parlo con Dandan e quella, gelosa, pensa subito male. Quasi mi offendo – perché pensare male di una famiglia così gentile? Il marito eroico, mi saluta e basta, la moglie logorroica ma ancora più gentile, guarda un po’ mi sento anche di regalarle un po’ del tiramisù che ho preparato. Lei contentissima. No, dice Dandan, non si può essere così gentili senza un secondo fine.
Ed ecco che, un giorno, la vicina bussa alla mia porta e il secondo fine viene fuori. C’è una ragazza a casa sua che vorrebbe presentarmi. Sua figlia? No, non è proprio la figlia, che è in Australia a studiare, diciamo una nipote di campagna che vive con loro ed è tanto carina, ed è bravissima a tenere la casa e cucinare. Ho già una aiyi, vorrei dire, ma mi sembrerebbe troppo acido, quindi dico che ho già una ragazza. La donna insiste nel presentarmi la nipote comunque. No, grazie, non occorre, dico. Lei insiste: magari ho un amico straniero da presentarle? Ecco allora che capisco la situazione, la cacciatrice di dote è smascherata.
Dandan non smette di ripetermi che me l’aveva detto. Poi, un pomeriggio, la vicina bussa ancora tornando alla carica con la storia della nipote che è tanto caruccia e varrebbe almeno la pena che io la vedessi. Solo che Dandan è a casa mia, e quando appare alla porta con un’espressione ben poco felice, la vicina rimane interdetta. Però fa finta di niente, si autoinvita ad entrare e si accomoda, cominciando a parlare in cinese veloce con la mia lei. Entrambe gentili, entrambe false come Giuda. Dandan le prepara del té, la vicina fa i complimenti per la casa. Parlano, parlano, io non capisco nulla e facendo finta di ascoltare mi dedico ad altro.
Poi la vicina saluta e se ne va. Dandan è furibonda, e mi racconta la conversazione. Sostanzialmente c’è questa parente di campagna che va per i 25 anni, e ormai è quasi oltre l’età da marito. Carina è carina perché l’ho incrociata un paio di volte sul pianerottolo, timidissima, e non mi è chiaro il perché sia rimasta zitella, ma sicuramente ci dev’essere qualche storia torbida alle spalle. La nipote si trasferisce in città e vive con gli zii facendo in pratica da domestica. Gli zii decidono di sistemarla con uno straniero, forse perché lo straniero è scemo e non scoprirebbe i torbidi passati, o forse perché semplicemente lo straniero in media ha i soldi e il passaporto per espatriare. Appianato che se la vicina prova ancora a propormi la nipote, Dandan le fa lo scalpo, la Donna di Pechino si informa anche con la mia lei se ci sono altri stranieri disponibili, e già che c’è, visto che della sensibilità se ne sbatte, chiede a Dandan se sono meglio gli italiani o gli australiani. No, perché lei ha sempre pensato agli australiani visto che ce ne sono tanti qui, ma non aveva considerato gli italiani, e visto che Dandan sta insieme a uno la vicina chiede se mai non sia meglio mettersi in caccia di un italico. Dandan glissa per eleganza anche se coprirebbe volentieri l’intelocutrice con una serie di insulti per lo più legati al favoreggiamento della prostituzione. La vicina, capendo l’antifona, saluta e conclude con una bella domanda simpatica: “Ma che occhi piccoli che hai! Mica come mia nipote” dice a Dandan “Agli stranieri piacciono le ragazze con gli occhi piccoli?”. Dandan, signora com’è, risponde “Arrivederci” e le apre la porta.
Ma guarda te che storie che capitano, e se uno non capisce il cinese se le perde tutte. Io me la rido a vedere Dandan furente, ma devo ammettere che aveva ragione a pensare male. Pensiamo insieme a qualche straniero che ci sta sul culo, da presentare alla nipote della vicina, ma poi decidiamo che l’astensione è la migliore situazione per star lontano dai guai.
La vicina non si presenta più a bussare alla mia porta, anche se continua a spettegolare sul pianerottolo ogni volta che la incrocio. Chissà poi che avrà da raccontarmi. “Sì, sì, c’hai troppo ragione” le dico in cinese, e la saluto così ogni volta, come impone la Regola del Buon Vicinato. In Cina, chissà perché, non si litiga mai, tutti si tengono il sorriso sulle labbra anche quando si odiano. Alla fine non so se sia tanto sbagliato. Con la nostra vicina, conviviamo tuttora benissimo, tra pettegolezzi non intellegibili e piccoli scambi di favori.
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