Uno dei posti più visionari, folli ed eleganti di Pechino è la Green T. House (http://www.green-t-house.com/), un ristorante di cucina fusion aperto diversi anni fa da due sorelle cinesi. Una Jin Er, musicista, designer, chef, è la vera creativa alle spalle del progetto; l'altra sorella, Sapphire, è la businesswoman, quella stronza e aggressiva che fa sì che nessuno metta i piedi in testa all'attività di famiglia, come nella migliore tradizione cinese. Da quando ha aperto, in un piccolo angolo nascosto della città, nel 1997, la Green T. House è diventata un'istituzione, ovvero uno dei pochi posti eleganti, ma veramente eleganti, dove portare gli ospiti da fuori Pechino.
Ecco come descrivo il locale in poche righe, pubblicate su That's Beijing del Giugno 2007, in occasione della premiazione del ristorante nella categoria “Best to Impress Visitors”:
"Green T. House's decor is simply outlandish. The moment you cross the door, you feel like you've entered a faerie-land, where everything is oddly elegant and weirdly beautiful. Nobody would expect to find a place like this in China, let alone in Gongti Xi Lu"
Non ci sono davvero parole per descrivere il luogo – pareti bianche, pezzi d'arrendo bianchi e neri, non una coppa da tè uguale all'altra, non un tavolo uguale all'altro. Al centro della sala un tavolo lungo con sedie dallo schienale altissimo, che si appuntisce come il tratto di un pennello. Sulla sinistra, un tavolo tondo con divani in pelle di mucca, e dal lampadario si dipartono numerosi fili di metallo flessibile che trafiggono pagine di poesie di Guillaume Apollinaire. Sulla destra, appesi al soffitto, scheletri di piante simili a coralli.
I piatti sono composizioni artistiche fatte di cibo e ceramiche giapponesi, una mescolanza di gusti che predilige comunque l'Oriente e la Cina, che stupisce. E che dire della cucina e del servizio. Be' altre per essere a Pechino, anche se ben lungi dalla perfezione che conosciamo altrove nel mondo. Capita il cameriere che non capisce l'inglese, nessuno certo sa interloquire col cliente e consigliare un piatto, e quando il ristorante è pieno può succedere d'essere serviti tardi e con un piatto freddo. Ma chi vive in Cina è abituato a questo – per qualche motivo, in questo Paese di un miliardo e trecento milioni di persone non si trova un singolo cameriere decente. E' un po' come per i calciatori. Chissà perché.
Ma poco importa – non si va alla Green T. House per avere un buon servizio o per mangiare bene, sebbene molti patti siano estremamente interessanti. Ci si va per farsi stregare, entrare in un sogno fatato, e trascorrere qualche ora in un mondo che non è il nostro, in cui le nostre fantasie sono libere di esistere al di là della luce inflessibile della città che sta fuori.
In poche parole, questa è la Green T. House.
Questo è il diario di una storia d'amore. E' la storia di un viaggiatore e di un una città, lui italiano, lei cinese. E' un'elegia alla libertà, alla felicità, alla dolcezza della solitudine e della compagnia.
2008-11-10
Green T. House
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2 commenti:
Dai non esageriamo,hai descritto la Green T House manco fosse la fabbrica di cioccolato di Willy Wonka...dalla tua descrizione sembra quasi il paradiso in terra.
Mi ricordo che ci andai nel lontano(lontanissimo)2003 con amici e non smettemmo di ridere per via dall'arredamento ridicolo e kitch(chiedo scusa,d'avanguardia...fa piu'figo)e dalle portate mignon che non ti arrivavano neanche al dente da quanto erano piccole...no comment sui prezzi.
Comunque se a te il posto e'piaciuto nulla da obiettare,ognuno va dove meglio crede.
Saluti,
Stefano
This reminded me my 28th birthday~~ it was wonderful!! Grazie,baciooo~~~~ Dandan
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