2008-06-27

Cani e porci

Quanto tempo è passato da quando ero entusiasta della gente che si trovava a Pechino? La mia prima impressione era di trovare persone speciali, persone che, sfuggite al loro mondo per cui provavano insofferenza, erano finite dall’altra parte del globo in una terra aliena, talvolta accogliente talvolta incredibilmente ostile. Persone speciali per cui non si poteva non provare rispetto o ammirazione, se non altro per il coraggio di essere venuti in Cina. Era l’inizio del 2003, e ora invece è quasi la metà del 2007: quattro anni, e non sembra quasi di essere più nello stesso Paese. Per un po’ ho pensato di essere io quello che era cambiato, a non guardare più dal basso del novizio ma dall’esperienza di chi vive qui da qualche anno. Poi invece ho capito che è proprio la gente a non essere più la stessa... una volta la Cina era quasi terra incognita, adesso è l’America di chi vuole fare il business.

E lo vedi nella gente che viene oggi: tronfi, unilaterali, pieni dei pregiudizi della loro cultura. Vengono per fare gli affari loro, autolegittimati e pieni di pretese nei confronti dell terra che li ospita, considerata alla stregua di un Paese in via di sviluppo, un’ex colonia che vorrebbe diventare come l’Occidente ma ha le idee confuse sul come fare. E’ la gente che si lamenta che i cinesi non parlano inglese (come se in tanti altri Paesi lo parlassero), che il caffé e i cocktail fanno schifo e che non si trovano bar alla moda, convinti di arrivare in una copia di qualunque città europea o americana, dove il modello capitalista occidentale ha vinto, e chi paga ha a disposizione. Loro pagherebbero anche, dall’alto del loro reddito in euro o dollari, è solo che si infuriano se pagare non basta, ma occorre anche capire, comunicare, scegliere. Non capiscono come mai i poveri cinesi non si comportano come altri poveri nel mondo e non si fanno calpestare dai ricchi per qualche spicciolo. Sono persone che sognano grandi carriere in un Paese con crescita a due cifre, si immaginano in giacca e cravatta a dare ordini ad eserciti di impiegati-schiavi locali, ma se lasciati soli non sanno nemmeno prendere un taxi o ordinare una forchetta in un ristorante cinese. Non ci sarebbe nemmeno bisogno di puntualizzare che queste persone non provano nemmeno ad imparare il cinese, oppure ci provano ma mollano dopo due settimane perché “è troppo difficile”, e quando possono frequentano solo luoghi per stranieri, così si sentono più a casa.

E’ gente spiantata, spiaggiata, lontana anni luce da quella che tanto tempo fa mi aveva stupito. Del resto, cinque anni fa questi nuovi arrivati non sarebbero sopravvissuti un giorno a Pechino – quando ancora nessuno, ma nemmeno lo staff degli alberghi a cinque stelle, parlava inglese; quando nei supermercati trovate la Nutella e il latte era un miracolo; quando i bar e i ristoranti stranieri si contavano ancora facilmente, e quelli italiani erano quattro o cinque. Forse certa gente in Cina ci arrivava già una volta, solo che non ci rimaneva. Oggi invece sì, grazie alla nuova Pechino che accoglie gli amici stranieri.

Immagino tutto ciò sia un cambiamento inevitabile, se la mia venuta qui è un prodotto della globalizzazione questa è una nuova fase. Io sono arrivato cavalcando l’onda dell’interesse occidentale della Cina, prima che lo tsunami dei manager internazionali si abbattesse su questo luogo. Se non avessi avuto quella spinta alle spalle, certo qui non mi sarebbe mai venuto in mente di passare.

Ciò non toglie che pur cosciente di quanto devo all’interesse degli occidentali per l’Impero di Mezzo, non sia disposto per nulla ad accettare certi comportamenti da turisti della domenica – i miei modelli rimangono quelli arrivati prima di me, quelli coscienti di approcciare una cultura millenaria e quindi disposti a trattarla con rispetto, ad accettare la necessità di doversi comportare, almeno per cortesia sociale, alla cinese. Dico “no” a quelli che pretendono che siano i sempre cinesi a parlare inglese, dico “stupidi” a quelli che sostengono la cucina cinese faccia ingrassare e quindi mangiano McDonald’s e KFC, dico “sfigati” a quelli che sorridono ai cinesi solo in ufficio e dopo il lavoro li evitano come possono, e dico “ignoranti” a quelli che credono che la Cina si sia sviluppata solo grazie all’influsso occidentale, e che senza l’Europa e l’America sarebbe al livello di sviluppo dell’India. E chiudo con dicendo “bestie” a chi sostiene che per vedere la “vera Cina” sia necessario uscire da Pechino, perché automobili, grattacieli, sistema fognario, elettricità, strade asfaltate e telefoni cellulari sono, nella loro mente, segni di occidentalizzazione e non di progresso. Perché non capiscono come ci possa essere progresso senza occidentalizzazione, perché poi si chiedono “perché invece delle automobili e dei grattacieli non importano la democrazia?”.

Ecco, per dirla tutta, di questa gente ne ho piene le scatole. Che se ne torni a casa propria, se qui non è di loro gusto. Ma sogno, perché quelli come me stanno scomparendo, e quelli come loro saranno sempre di più. La battaglia è stata in fondo persa ancora prima che io arrivassi nel lontano 2003. La guerra, non lo so: forse, col tempo, i cinesi saranno capaci di difendere la loro tradizione e farsi rispettare da soli, si spera con la civiltà e non con una semplice dimostrazione di forza. O più probabilmente, tra cinquant’anni qui parleranno tutti inglese, ci saranno cinque ristoranti Armani e alcune migliaia di McDonald’s; ci saranno fashion shows, cocktail bar e la gente farà il bagno della colonia, si vestirà solo con abiti occidentali e gli argomenti di conversazione saranno gli stessi di New York, Parigi, Los Angeles e Tokyo. O forse sta già succedendo, mentre io scrivo di cose passate, loro stanno globalizzando, riducendo ai minimi termini comuni la cultura mondiale, la cultura di massa. Se il futuro di Pechino sarà un’omogeneizzazione rispetto al resto del mondo, oppure qualcosa di più interessante e innovativo, questo lo deciderà solo la fantasia delle persone che ora vivono qui. Per cui vi prego, se mi leggete e non state capendo il punto di quello che scrivo, se tutto sommato vi sembra sacrosanto che la Cina si adegui al resto del mondo come hanno fatto tanti altri Paesi, tornatevene a casa... e se già ci siete, rimaneteci. Contribuirete a rendere più colorato il futuro del mondo.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao, è già da qualche tempo che ti seguo ma non ho mai voluto commentare, come quando si ascolta una bella musica che non si vuole interrompere.

Complimenti per il post, hai azzeccato appieno il mio sentimento verso l'imminente occidentalizzazione della Cina prossimi anni.. magari nel mio piccolo farò parte anch'io di quella marmaglia di disadattati che non sa fare a meno di criticare la Cina e il suo modo di funzionare, ma spero vivamente di essere il contrario.

Più passo il tempo in questa parte di mondo e più scopro di essere IO il disadattato che gironzola per qualche strada con troppe lucine..

Un saluto

Wild Child ha detto...

Rassegnamoci, amico mio, quelli come noi sono quasi pezzi da museo!

Anonimo ha detto...

eh ma allora bisognerà incontrarsi prima o poi!

sono totalmente daccordo. e pensate a chi (tipo me) è a Shanghai...:-/
a girare come un matto per trovare qualcuno che non parli di soldi (e che non si lamenti dei cinesi, sulle cui spalle spesso fa montagne...di soldi, appunto!)

complimenti per il tuo blog anche da parte mia, che arrivo qui grazie ai tuoi complimenti a un altro blog (footonearth.noblogs.org), insomma un delirio di complimenti...:-)

ciao
b.

http://beirut.noblogs.org/

Anonimo ha detto...

è proprio vero che kunming è lontana anni luce da pechinoin ogni senso!qui il caffè è buono!anzi ottimo!ci sono tantissimi stranieri ma quasi nessuno ha questo atteggiamento così negativo!! sicuramente è una terra difficile, come non criticarla? mi suscita tanti sentimenti contrastanti e ho riscontrato la stessa cosa tra i ragazzi che ho conosciuto qui.sono d'accordissimo con te sul discorso del progresso, ma progresso non vuol dire buttare giù quartieri bellissimi, antichi e storici per costruire palazzi, progresso non è strombazzare come pazzi per le strade cercando di evitare i pedoni anzichè fermarsi e lasciarli semplicemnte passare. per la prima volta nella mia vita mi sta capitando di vivere da laowai, ed è molto frustrante!tante cose del governo cinese mi urtano e così molti atteggiamenti dei cinesi che sembrano a volte prendere in giro noi laowai. forse è solo una questione di incapacità di comunicare...

Massaccesi Daniele ha detto...

credo che il contenuto del post sia condiviso da tanti giovani italiani che vivono in cina. che dire, e' una lotta ragazzi, buona lotta a tutti. io, per paura o per coraggio, scendo dal cavallo cina, mi metto alla ricerca di luoghi non ancora prede dell'uomo d'affari occidentale e dell'arrogante giovanotto yankee. e alla ricerca di gente semplice, umile, "umana", come tanta ne ho incontrata in questo mio breve viaggio nella cina fuori da pechino. dopo tanti anni mi piange il cuore a lasciarla pechino, ma non e' colpa mia se il mondo e' tanto grande e diverso. ve la lascio pechino. trattamela bene. e buona fortuna.

daniele

p.s. ierisera poi mi sono perso nel lago con tipi (e tipe) piuttosto fuori di testa. o almeno cosi' mi sembra di ricordare:-)