2008-06-02

Quartieri alti e quartieri bassi

Nella vecchia Pechino non era solo la struttura del cancello di una casa a indicare la posizione della famiglia che la occupava, ma anche, e ragionevolmente, la posizione della residenza rispetto al centro. C’era la Città Purpurea, dove risiedeva l’Imperatore, la Città Imperiale, dove abitavano i nobili e i funzionari d’alto rango, quindi la Città Interna e la Città Esterna, con discriminazioni di posizione, di reddito e razziali. Dal 1911, con la Repubblica, le cose cominciarono a cambiare, poiché le uniche distinzioni divennero quelle di reddito. E infine, dal 1949, nemmeno quelle: gli spazi della città vennero occupati in maniera più o meno casuale dalle danwei, le unità di lavoro civili o militari: fu la nascita del xiaoqu, inteso come comunità in cui un gruppo di famiglie lavora, studia, passa il proprio tempo libero e usufruisce dei servizi pubblici. L’unica distinzione era quella tra danwei: c’erano, naturalmente, le danwei ricche, vuoi perché efficienti nel produrre, vuoi perché ricettarie di grosse risorse o debitrici di poche. Tali danwei non erano però distribuite secondo degli schemi, ma sorgevano una accanto all’altra a seconda della necessità. Ma ciò che è più importante, i membri della danwei, dal commissario locale di partito al direttore all’operaio all’invalido, abitavano tutti nella stessa area, spesso nello stesso edificio.

Lo sviluppo conseguito alle politiche di Deng Xiaoping e all’adozione dell’economia di mercato socialista ha, fin dagli anni ’80, portato crescita della città e a una ricostruzione e riorganizzazione degli spazi anche nella parte vecchia del centro urbano, rompendo questo modello di localizzazione delle aziende e degli spazi residenziali. La Pechino d’inizio millennio è ua città in transizione: sopravvivono ancora alcune danwei, per lo più legate all’esercito e alla polizia, nonché alle grandi aziende pubbliche, ma l’economia privata ha scisso il rapporto casa e luogo di lavoro, portando alla nascita di centri d’affari in centro e quartieri residenziali in periferia. Sono inoltre sorti i compounds all’americana, i complessi residenziali di lusso con guardie private: il solo nome è un biglietto da visita per il proprio livello sociale. Una volta, fa notare qualcuno, la gente si vantava della danwei in cui lavorava, oggi si vanta del luogo in cui vive: se abiti al Central Park o al Moma, i compounds più alla moda e pieni di stranieri, sei automaticamente al di sopra di uno che abita nel distretto di Tongzhou o a Xizhimen, dove invece sono sorti quartieri dormitorio attorno a remote fermate della metropolitana. Pechino cambia e si globalizza, e ci si chiede se sarà in grado di trovare soluzioni urbanistiche originali, e non seguire a bacchetta il modello imperante di centro ricco e periferia povera.

Pan Shiyi, il proprietario di SOHO, sta provando a pensare in nuovo l’idea di xiaoqu, progettando centri in cui la gente possa vivere, lavorare, far compere i luoghi commerciali e socializzare in ambienti comunitari come giardini o bar, palestre, ristoranti. Ma anche Pan Shiyi alla fine, per quanto imprenditore iluminato, punta a fare soldi, e se le auto trovando posto in garage sotterranei, la parte bassa della scala sociale, ovvero i migranti, vanno a dormire altrove quando staccano il loro turno. La municipalità di Pechino ha lanciato un piano per lo sviluppo della città fuori dal centro, in parte per proteggere quel poco che rimane della città vecchia, in parte per alleviare il peso dei pendolari sulla rete dei trasporti, con la costruzione di nuovi quartieri modello in periferia: il primo sarà il quartiere olimpico, che dovrebbe essere riconvertito dopo i giochi; poi seguiranno Tongzhou, Shunyi e Shijingshan, dove dovrebbero sorgere nuovi spazi urbani progettati con coscienza: ma questo appare solo un palliativo al momento, e non una soluzione definitiva. La segregazione residenziale tra ricchi e poveri, tra cittadini e migranti, è un pericolo che cresce in manera inquietante, e rischia di estraniare due parti dello stesso Paese, un Paese costruito su teorici principi di uguaglianza, parità e solidarietà sociale.

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