2009-12-26

Fuochi artificiali

I fuochi artificiali sono una delle grandi invenzioni cinesi, di questo bisogna darne atto. Credo che in nessun Paese al mondo i fuochi siano belli, numerosi ed economici come in Cina. Non si può immaginare quanto, venendo dall'Italia (esclusa Napoli, forse, che per i fuochi ha una passione speciale).

La mia prima esperienza con i fuochi risale al 2003 ed è indiretta: ai quei tempi a Pechino vigeva il divieto di usarne entro il quarto anello, per questioni di sicurezza. Ciononostante era frequente vedere fuochi sparati per aria, quindi sentire un suono di passi che correvano via, risate, e una sirena della polizia che accorreva. Ma tutto sommato non c'era nulla di strano, i fuochi di questo tipo erano piccoli.

La mia prima esperienza diretta con i fuochi avviene nel 2007 sul monte Emei, in Sichuan. Dandan mi chiede se voglio provare e compra dei bastoni di poco meno di un metro a bordo strada. Li accendiamo davanti al negozio e li puntiamo in aria: presto ne escono meravigliose comete colorate che sparano fino a 10 metri d'altezza, infrangendosi sui rami degli alberi che costeggiano la stretta strada in cui siamo. Si ferma una macchina della polizia che ci guarda. Alcune scintille finiscono sulla macchina. Ci spostiamo 20 metri più in là, aspettiamo che la polizia se ne vada, e ne accendiamo ancora. Capisco quindi il perché del divieto di Pechino, e anche il perché tanta gente lo violi spavaldamente. E' tanto pericoloso quanto divertente.

Nel 2007-2008 il divieto di sparare fuochi in aree urbane viene progressivamente rimosso. Per tutta la settimana del capodanno cinese, in Cina scoppia la guerra. Da mattina a sera e fino a notte inoltrata è un continuare di botti, mortaretti, tricchetracche, fontane, fiori di ogni colore. Niente di simile ai partenopei “pallone di Maradona” o “bomba Osama”, qui il suono è secondario e lasciato ai poveri più poveri: il divertimento è la luce, sono i colori. L'odore della polvere da sparo riempie l'aria, i marciapiedi sono coperti della carta rossa dei fuochi esplosi, come un tappeto, che i netturbini si affrettano a scopare via nelle ore piccole, quando la guerra si calma.


Nel 2008 siamo a Chengdu e decido che voglio fare acquisti: ci rechiamo quindi in uno dei numerosi tendoni eretti a bordo strada per la vendita di fuochi artificiali. Il costo è ridicolo: sia va dai 5 kuai per un ventaglio, ai 15 kuai per dei fiori, sino alla costosissima “Pagoda dei Cento Fiori”, una bomba grande poco meno di un pallone, che mi porto a casa per 30 kuai. C'è tanta altra roba, le classiche trottole, dei bengala con la caricatura di bin Laden, pelle blu e occhi bianchi pieni di elettricità, e pacchi più grandi che non oso nemmeno esaminare. Porto a casa i miei acquisti e mi preparo a ignirli la sera stessa.


La sera stessa io, Dandan e suo padre usciamo per sperimentare i nostri acquisti. Decidiamo di posizionarci in un luogo che a noi sembra moderatamente sicuro, ossia il lungofiume che a quest'ora di sera umida e fredda è deserto. Attorno a noi alberi e panchine, da un lato il fiume Funan, dall'altro una strada non esageratamente trafficata, e distante almeno 15 metri. Cominciamo con i ventagli: hanno la forma dei classici ventagli cinesi, a guisa di farfalla: li reggiamo in mano puntandoli verso il fiume, quasi tremando per l'eccitazione e la paura di manovrare materiale esplosivo. Il primo non s'accende, il secondo fa una fontanella luminosa lunga un metro; bello, però ci aspettavamo di più. D'altra parte per 5 kuai cosa pretendi?


Un po' delusi ma al tempo stesso rassicurati sul potenziale esplosivo dei fuochi, passiamo ai fiori. Li chiamo fiori perché si suppone facciano le classiche esplosioni a fiore nel cielo, la forma è un tondo composto da 6 candelotti e un peso centrale che dovrebbe tenere fissa la base mentre spara. Posizioniamo il primo vicino alla ringhiera del fiume e lo accendiamo: il primo candelotto parte, fa la sua bella fontana con scoppi vari ed poi scaglia un razzo verso l'alto, che esplode in un fiore meraviglioso di color oro. Purtroppo il rinculo fa sì che l'intera base caschi sul lato, sicché gli altri 5 candelotti sparano in direzione orizzontale, per fortuna non verso di noi, ma verso cespugli, panchine e acqua. Capita l'affidabilità del peso centrale, decido di porre il secondo fiore tra due sassi belli pesanti (in Cina i sassi belli pesanti si trovano ovunque, perché o c'è un cantiere vicino, oppure qualcosa perde pezzi, nel nostro caso gli scalini che scendono al fiume offrono dei bei pezzi di cemento regolari da svariati chili l'uno), di modo che sia incastrato e non possa muoversi. I primi tre fiori salgono verticali: rossi, gialli, verdi, stupendi, non riesco a credere che una tale meraviglia possa costare 15 kuai, quando in Italia i prezzi sono almeno 40 volte più alti! Senonché il lancio del terzo fiore sposta anche le pietre, e quindi la base si inclina sul lato: il quarto fiore sfreccia tra gli alberi sfiorando dei passanti, il quinto si infila sotto un taxi in corsa e gli esplode a mezzo metro dalla portiera, in un caos di scintille d'ogni colore, il sesto parte in direzione di uno dei sassi, e qui esplode subito a pochi metri da noi, che nel frattempo ci siamo già riparati dietro alcuni alberi. Occhei... appunto per il prossimo lancio: più attenzione e meno fiducia nella stabilità dei fuochi.
Ci rimane la Pagoda dei Cento Fiori: questa volta troviamo due bei sassi da 10 kg ciascuno, presi da un'aiuola lì vicino, e poniamo la base sulla scala che scende al fiume, di modo che se si inclina al massimo spara nel fiume o contro la scala, e non sulla strada. Accendo tremante l'ordigno e fuggo al riparo insieme a Dandan e suo padre. La Pagoda per alcuni secondi rimane tranquilla, quindi comincia con le prime scintille che presto si sviluppano in una fontana che, per un minuto intero, cambia di altezza e colore stupendoci ogni volta. Quindi scema scagliando girandole in ogni direzione, che finiscono parte nell'acqua e parte sopra la scala, per cui abbiamo modo di ammirarle. Infine la luce gradualmente si spegne, lasciandoci la soddisfazione di un fuoco riuscito bene.

Torniamo a casa ancora eccitati, già pensando all'anno prossimo. Tutta Chengdu nel frattempo esplode fuochi, in ogni direzione l'orizzonte scuro e nebbioso è illuminato da luci colorate. Fischi e scoppi si susseguono senza lasciare che il silenzio li separi. C'è gente nei cantieri chiusi, gente sui tetti delle case, gente in strada, ovunque ci sia spazio qualcuno esplode fuochi. Nessuno apparentemente sembra preoccupato della loro pericolosità, e quindi per effetto della psicologia dei gruppi anche io non me ne preoccupo: è una notte di festa, e quindi conta divertirsi. Domani forse si stimeranno i danni, ma per stasera, godiamoci lo spettacolo!


2009-12-12

Propaganda Olimpica


Il padre di Dandan è uno dei pochi che ancora credono fermamente nel Partito Comunista e nella sua missione. Lo zio Cheng ha fatto carriera grazie alla sua fedeltà alla linea di Partito, alla sua comprensione della stessa, e alla sua onestà – è anche uno dei pochi che non ha mai preso mazzette, e lo si capisce dal fatto che, mentre i suoi colleghi vanno al lavoro con la BMW nera guidata dall’autista, lui non ha l'autista e nemmeno la macchina, considera il taxi un lusso poco necessario e si reca in ufficio con il proletarissimo autobus.

Essendo vice-assessore allo sport della provincia del Sichuan, sono anni che la sua coscienza viene bombardata dalla propaganda tremenda per le Olimpiadi. Apriamo una parentesi – la Cina vede le Olimpiadi come una chance di riabilitare la sua fama presso l’opinione pubblica internazionale come Paese moderno, efficiente e amichevole. Per questo tutto per le Olimpiadi deve essere perfetto. Da quando Pechino ha vinto il bando, nel 2002, in tutta la Cina non si parla che di Olimpiadi e soprattutto a Pechino ogni settimana ci sono varie campagne di educazione – l’educazione all’inglese, l’educazione a fare la fila, l’educazione a non sputare, tutte prese seriamente dalla popolazione, anche se la naturale pigrizia mentale dei pechinesi li porta sempre a risultati parziali e non durevoli. Il signor Cheng in questi anni non ha fatto che viaggiare in lungo e in largo e preparare cerimonie varie con delegazioni sportive straniere, la più importante delle quali è stato il passaggio della fiaccola olimpica per le varie località del Sichuan.

Va da sé che qualunque gadget la mente di un cinese possa concepire in relazione alle Olimpiadi e alle sue mascotte, gli adorabili fuwa, lui l’abbia ricevuto in dono dal produttore. Visto che, con tonnellate di paccottiglia, il suo ufficio non può andare avanti, né il signor Cheng saprebbe che farsene, regala tutto quello che riceve, ma riceve talmente tanto che non riesce a regalare tutto. Così, quando arriviamo a Chengdu, ecco che ci accoglie con dei doni, e una frase tipo “Mi hanno regalato questa cosa, pensavo di darla a te... ”. Lo fa con nonchalance, approfittando di ogni momento buono. Appena abbassi la guardia – tac! Ecco che si ricorda che ha proprio una cosa che non usa e voleva darti. Nell’ordine riceviamo: due cappelli con visiera col logo Beijing 2008, una T-shirt con logo Beijing 2008, una T-shirt commemorativa del passaggio della fiaccola olimpica da Chengdu (che accadrà tra circa 4 mesi), una giacca impermeabile con logo Beijing 2008, cinque gagliardetti da parete (uno per ogni fuwa), una collezione di spille Coca Cola ispirate alle Olimpiadi, un’agenda del dipartimento dello sport del Sichuan con il calendario delle città visitate dalla fiaccola, un paio di scarpe Nike originali, due segnalibri in metallo con l’immagine di un fuwa, una chiave USB a forma di fuwa, e un mini-trofeo di alluminio e bronzo a forma di braciere, in cui la fiamma olimpica è rappresentata da una serie di piccole pietre gialle arancioni e rosse incastonate nel metallo, a commemorazione del passaggio della fiaccola dal Sichuan, con allegato dépliant del tragitto e specifiche tecniche della fiaccola alla cinese.

Più altre cose che al momento non ricordo. Però mi ricordo di un momento in cui io, Dandan e il signor Cheng eravamo in cortile, e davanti a noi c’era un cartello con le regole condominiali e in fondo (tanto per cambiare), le immagini dei fuwa.
“A me piace Jingjing” dice Dandan.
“A me piace Nini” dico io. Poi, dopo una pausa in cui tutti e tre guardiamo le adorabili bestiole, io chiedo:
“Mi Nini è maschio o femmina?”
“Secondo me è femmina” dice Dandan.
“Secondo me è maschio, o al massimo gay, la femmina è Beibei” commento io.
Dandan si volta a chiedere a suo padre, la cui saggia parola dirimerà ogni conflitto.
“Mah... ” dice il signor Cheng perplesso, con l'aria di chi risponde a una domanda veramente oziosa “Per come la vedo io, son tutte femmine tranne il panda”.