2008-09-20

Qualità della Vita

Il Genio è un’altro strano personaggio che conosco al Bookworm, frequentando i Poeti Sotterranei. Napoletano, è venuto a Pechino così, per curiosità. Non è un carrierista, il Genio, sebbene abbia tutti i numeri per sfondare. Ha ben chiaro in mente cosa vuole: una buona qualità della vita; e vedere il mondo. E’ stato un po’ ovunque, viaggiando e vivendo per qualche mese, o qualche anno: Germania, Sudamerica, Groenlandia, Stati Uniti, Indocina. A 29 approda nella capitale cinese, mantenendosi come insegnante di italiano, mestiere che gli permette di mantenersi più che dignitosamente, avere un contatto continuo con persone locali, e di poter coltivare tanti hobby nel suo tempo libero. Più tardi lo metterò in contatto con il signor Chen, con cui comunica in tedesco, in un progetto per portre stagisti dalle scuole alberghiere italiane a Pechino. Vive a Sanlitun, è sempre in giro per locali, conosce moltissima gente della sua età da tutto il mondo. Gran persona, il Genio, grande esperienza, grande testa, grande cuore; si butta nelle cose senza pensarci troppo, è una persona che non si fa mai frenare dalle proprie paure.

Poi un giorno il Genio incontra una ragazza tedesca, e se ne innamora follemente. Lui, beninteso, sta con una ragazza americana che lo aspetta a Napoli, quando lui tornerà dal suo viaggio di alcuni mesi. Ma il Genio, persona così responsabile, davanti a questa ragazza tedesca più giovane di lui perde totalmente la testa. Per rispetto alla sua fidanzata non fa nulla fino a quando torna a Napoli per un paio di settimane: qui la lascia, e torna a Pechino, dove scopre che la sua tedesca, disperata per la sua assenza, è stata con altri. Cuore lacerato, si abbandona al melodramma: litigano, poi si giurano eterno amore, si mettono assieme, poi lui scopre che lei deve tornare in Germania a breve, quindi decidono di vivere la loro storia fino in fondo, coscienti del fatto che dovrà finire.

In quel periodo il Genio è passato da una serena calma di viaggiatore alla nera disperazione dell’amante dominato dalla passione alla gioia dell’amore contraccambiato. Lo vedo felice come non l’avevo visto prima, pur consapevole della fine prossima della sua storia. Nelle ultime due settimane lui e la sua tedesca viaggiano per la Cina, fanno una crociera sul Fiume Azzurro. Poi lei parte, e lui sospira. Può tutto finire così?

Forse una storia normale sì, ma non un melodramma. Infatti lei, a meno di un mese dalla partenza, si scopre incinta. Il Genio non ha dubbi, quando riceve la notizia. A malincuore, fa i bagagli e lascia Pechino per trasferirsi in Germania, dove cresceranno insieme il bambino.

Vedo il Genio per l’ultima volta nel vecchio parcheggio dei bus di Gongti Bei Lu, insieme ad altri amici. E’ ansioso di rivedere il suo amore, e di iniziare una nuova vita come padre e uomo di famiglia ma, nel lasciare Pechino, ha le lacrime agli occhi. Nell’arco di pochi mesi, la sua vita è cambiata totalmente, ha fatto esperienze e conosciuto persone che hanno lasciato tracce profonde nella sua esistenza. Pechino luogo di epifanie? Perché no? In fondo è proprio l’esperienza del diverso ad allargare la nostra immaginazione, la nostra consapevolezza.

Non dimentico le parole del Genio, quando mi saluta: “Ci sono stato proprio bene a Pechino. Altro che Germania, una qualità della vita come qui non l’ho mai trovata da nessuna parte”. Parole sante.

Gli auguro buona fortuna, e lui risponde in cinese “Haoyun”. Non sono sicuro si dica così, sembra più una traduzione fatta a vocabolario che qualcosa che dicono i cinesi, ma in fondo non importa. Ogni esperienza qui non può che essere soggettiva, per avere un vero senso umano. Abbraccio il mio amico un’ultima volta e spero che tutto gli vada bene, con la sua donna e suo figlio prossimo a venire – e penso ancora a quante persone strane e interessanti conosco qui, e agli effetti imprevedibili che nascono dall’incrociarsi dei nostri sentieri...

2008-09-03

Filare alla cinese

Un bel giorno incontro la mia vicina grassa, quella che voleva piazzarmi con la nipote di campagna, sul pianerottolo, e ovviamente attacca subito bottone. Fin qui nulla di strano – sorrido, annuisco, non capisco un’acca e mi dirigo verso l’ascensore. Ma stavolta non è come al solito, la Donna di Pechino è più insistente del solito e vorrebbe farmi entrare a casa sua, fa segno di telefonare. Educatamente, le spiego che non ho idea di cosa stia parlando e quindi spreca il suo fiato con me, ma se ha la pazienza di aspettare stasera, magari Dandan ci fa da traduttrice.

Detto fatto, per bontà d’animo mia convinco Dandan a bussare alla porta, ed ecco la vicina che si illumina, quasi non ci sperasse che ritornassi. Ci fa accomodare in salotto insieme al marito, e la figlia minore viene mandata nell’altra stanza, mentre la nipote lava i piatti in cucina. La Donna di Pechino parla piano, sottovoce con Dandan, e con un’umiltà che non le si confà – qualcosa si serio bolle in pentola. Intanto ecco tazze di té amarissime e sigarette letali offerte a profusione, col tono di chi non accetta un no. Ed ecco che, dopo una decina di minuti, Dandan traduce.

Dovete sapere che i vicini, a parte la nipote-domestica, hanno due figlie: una è una peste sempre sorridente ed energetica che avrà una decina d’anni e vive con loro, l’altra invece qui non s’è mai vista, ha una ventina d’anni e sta in Australia a studiare. O almeno questa è la versione ufficiale. Senonché scopriamo ora che, prima di finire la scuola superiore, la figlia maggiore conosce su internet un giovinastro dello Henan, che in Cina è come dire uno spiantato della provincia di Napoli, e se ne innamora pazzamente. Siccome la famiglia o sputa e lo schifa perchè è povero, ignorante e pure Henanese, quindi nel migliore dei casi un ladro e un truffatore, i due giovani fuggono assieme. Solo che dopo un paio di settimane, vuoi perché son senza soldi, vuoi perché lei si pente della sua scarsa pietà filiale, la figlia torna all’ovile e i genitori, pieni di comprensione, si sputtanano i risparmi di una vita per spedirla in Australia, nella speranza che metta giudizio e magari si piazzi con uno straniero danaroso.

Ora, dopo più di un anno d’università, accade che la figlia all’improvviso smette di chiamare. I suoi amici cinesi in Australia non sanno dove sia, e la famiglia automaticamente va a pensare che sia tornata in Cina di nascosto e sia di nuovo fuggita col disoccupato Henanese. Poi un giorno una chiamata da un numero australiano, nessuno parla, la madre disperata. Richiama, ma risponde sempre una voce inglese.

La supplica della vicina è questa: che io chiami il fatidico numero e mi informi della figlia. Cosa che prontamente faccio: mi risponde effettivamente una voce con distinto accento australiano e il timbro di chi è stato svegliato dallo squillo. Con un po’ d’imbarazzo, spiego la situazione, anche se mi rendo conto che non so nemmeno il nome di questa ragazza. L’australiano non sa nulla di chiamate da questo numero verso la Cina, tantopiù che non ha nemmeno amici o conoscenti cinesi, mi dice. Sembra, oltre l’imbarazzo ovvio di chi viene svegliato da una telefonata del genere, sincero, lo ringrazio e metto giù.

La vicina mi offre un’altra tazza di orribile té, che accetto, ma la sigaretta davvero basta, è la terza in un quarto d’ora. E’ visibilmente delusa. Non so bene su che base sospetti che la figlia sia tornata in Cina: se così fosse sarebbe veramente scema, ma la gente non smette mai di stupirmi. Dandan si congeda trasciandomi via, e non ne vuole più sapere dei guai dei vicini, che secondo lei a immichiarsi troppo degli affari altrui ci si rimane invischiati.

Storie strane accadono attorno a noi, ogni giorno, di cui nulla sappiamo. Mi vengono in mente le scene, fin troppo frequenti, di ragazzini con lo zainetto accovacciati sulla strada, davanti a loro scritta in gesso la melodrammatica storia della loro fuga da casa accanto a un cappello vuoto, una ciotola di ferro, un qualunque recipiente per monete e banconote da un mao. Mi chiedo dove sia ora, la figlia mai conosciuta dei miei vicini, e non posso fare a meno di avere compassione loro, a prescindere delle evidenti colpe educative. Quanto investono i genitori cinesi sui loro figli, senza curarsi minimamente dei loro desideri e delle loro ambizioni, senza ascoltarli, comunicare – questa storia, mi rendo conto, non è che uno degli infiniti drammi familiari che si consumano in Cina, dove una cultura basata sull’obbedienza cieca agli anziani e la competizione con i coetanei porta, troppo spesso, i giovani ad uscire di testa e dire: “Adesso basta. Fanculo. Ora sparisco”.

“Ti senti impotente di fronte alla vita

ti senti una rosa in un campo di ortica

che sei tutto e sei niente, sei la cima sei il fondo

sul mondo... tondo... vai!”

Negrita, “Vai Ragazzo Vai”, dall’album “Paradisi per Illusi” (1995)