Chunjie (春节) significa letteralmente “Festa della Primavera”, e per i cinesi, che fondano la loro civiltà sul calendario, sulle celebrazioni e sull’aderenza ai riti, rappresenta quello che per noi sono Natale, Capodanno e Ferragosto assieme. Il Chunjie segna l’inizio del nuovo anno lunare, ed è un periodo in cui la famiglia si riunisce e si dedica ad una serie di attività tradizionali che per lo più consistono nel mangiare piatti particolari ritenuti di buon augurio, rendere omaggio ai parenti superiori, regalare soldi ai giovani della famiglia, sparare fuochi d’artificio, e in generale divertirsi in una calda atmosfera familiare.
La preparazione al Chunjie è come da noi prima di una lunga vacanza. Già un mese prima se telefoni in un’azienda cinese ti dicono che il Chunjie è vicino ed è meglio parlarne dopo le feste, e non c’è verso di far concentrare gli impiegati. Del resto, se considerate che in una settimana di vacanza tutti i cinesi che vivono lontano da casa tornano al luogo d’origine, e una fetta sempre crescente di persone decidono di viaggiare e fare turismo, otterrette un volume tale di traffico automobilistico, ferroviario e aereo che a confronto il Giorno del Giudizio sembrerebbe una gita ordinata e serena. La gente pianifica il viaggio tre mesi prima, perché farlo dopo significherebbe non trovare posto per qualunque prenotazione.
Ne va da sé che per il Chunjie del 2007 io sia a Chengdu, almeno per qualche giorno. Siccome ho le ferie flessibili parto qualche giorno prima e torno a metà settimana, trovando i voli pressoché vuoti. E’ la prima volta che passo una festa con una famiglia cinese, ed è anche la prima volta che incontro la famiglia allargata di Dandan. Ora, i legami di parentela cinese sono probabilmente i più complicati al mondo: per ogni relazione c’è una parola, e guai a chiamare le persone col nome proprio. Se c’è confidenza magari sì, ma solo insieme al grado. Non entrerò nei dettagli in questo post, ma sappiate che il nome con cui dovete rivolgervi a una persona cambia non solo secondo la generazione, ma anche a seconda del sesso, dell’ordine di nascita e della parentela materna o paterna, e non voglio nemmeno cominciare a parlare dei parenti acquisiti. A confondere ancora più le carte c’è il fatto che il bisnonno materno di Dandan ha avuto tipo 12 figli, e quelli minori sono più giovani dei figli maggiori dei suoi figli maggiori, per cui per esempio lo zio della madre di Dandan ha 10 anni meno di lei.
Dandan poverina ci prova anche a spiegarmi chi sono le persone sedute a tavola, e io più o meno mi ricordo anche come chiamarle, ma confesso di avere ancora le idee confuse sul loro grado di parentela. A quanto pare la famiglia materna, quella del bisnonno con 12 figli, che per la cronaca era tipo uno dei commercianti d’oppio più mafiosi della città, si è sparsa per mezzo mondo. La madre di Dandan è nata a Shenyang in Manciuria, è cresciuta ad Urumqi nel Xinjiang e poi si è sposata a Chengdu, ma sua sorella minore ora vive in Australia. Suo zio, quello giovane, vive a Chengdu ma ha un passaporto di Hongkong e la moglie e il figlio vivono a Londra. Delle due zie (zie di chi poi non so) sedute a tavola una sta effettivamente a Chengdu, l’altra fa il medico a Nanchino. Da parte di padre invece abbiamo due fratelli, uno a Chengdu e uno a Pechino, e due sorelle, una a Kunming e una a Shanghai. Da malditesta, e per fortuna che meno di metà della famiglia è intervenuta a Chengdu quest’anno.
Alla vigilia del Chunjie è tradizione fare un cenone: ci si siede a tavola verso le 6.30 e si attacca un numero impressionante di portate, e devo dire che a parte l’ora d’inizio non è molto diverso dai nostri pranzi festivi in famiglia. La cosa strana è che l’ora è unicamente dettata dalla necessità di terminare la cena entro le 8.30, inizio del Gran Varietà di Capodanno, un polpettone impossibile trasmesso in diretta da Pechino su tutte le reti, che apparentemente tutti i cinesi guardano. Tra le 8.30 e 12.30 appunto quattro presentatori agghindati in abiti che sembrano un misto tra il Gran Galà del Re di Francia immaginato dai cinesi, la parata militare del generale Puntzerstofen (quello di Mai dire Banzai, proprio lui) e il Ballo di Cenerentola immaginato dalla Disney, in un tripudio di strascichi, acconciature scolpite in forme improbabili, pizzi e merletti, bottoni d’oro, paillettes, giacche sbrilluccicose che neanche Little Tony ai suoi tempi peggiori, e chi più ne ha più ne metta, presentano una successione di cantanti, balletti tradizionali e moderni e performance di comici e cabarettisti, di cui un 30% forniti dall’esercito e in divisa della festa, tutto in cinese sottotitolato in cinese, e senza pubblicità.
Alle 8.30 siamo tutti seduti davanti alla televisione. Alle 8,47 la gente comincia a scusarsi, a dire che è tardi, e che ci si telefonerà i giorno dopo per gli auguri. Entro le 9.00 sono fuori dalla porta. Genitori e nonna rimangono a guardare il Gran Varietà e io e Dandan ci piazziamo in camera a guardare un DVD. Poi finalmente arriva la mezzanotte, e partono i fuochi artificiali, in tutte le direzioni fiori di fuoco multicolori, vanno avanti incessatemente per due ore. Gran tripudio anche in TV, che rimane accesa, ma a cui nessuno presta più attenzione. Per tutto il Chunjie comunque il programma sarà riprosposto a reti unificate, come “il meglio del Gran Varietà”, non tanto perché alla gente piaccia, ma probabilmente perché durante la settimana agli studi della TV rimangono tre persone, due bao’an e un tecnico che monta nastri in loop e poi torna a casa.
Alla fine il Chunjie non è molto diverso dalle nostre feste – famiglia, cibo, varietà televisivo trashissimo, fuochi artificiali, ozio, auguri. La Cina è vicina? Quando si tratta di feste, probabilmente è più vicina al’Italia di quanto si pensi.